Per due secoli fu addobbato
per assistere a feste che richiamavano nella strada papale plebei e nobili.
Famosa quella del 1638 per la nascita del Delfino di Francia
Con la costruzione di palazzo
Farnese, voluta dal cardinale Alessandro tra la fine del XV e l'inizio del XVI
secolo, ci fu da parte della sua famiglia l'intenzione di creare un sistema
urbanistico alternativo a quello in animo a Giulio II. Nelle prime descrizioni
dei lavori del secondo decennio del Cinquecento, appare chiaro che l'edificio
farnesiano dovesse affacciarsi verso la zona commerciale e il mercato di Campo
dei Fiori, con cui si sarebbe collegato mediante una strada perpendicolare a via
Giulia. Il progetto di Alessandro Farnese, che nel 1580 aveva comprato la villa
suburbana della Farnesina su via della Lungara, stando alle indicazioni del
Vasari, era oltremodo ambizioso: "Et allora Michelangelo ordinò che si
dovesse a quella dirittura fare un ponte che attraversassi il fiume Tevere a un
altro lor giardino e palazzo (la Farnesina) perché per la dirittura della
porta principale che volta in campo di Fiori si vedessi a una occhiata il
cortile, la fonte (costituita del gruppo statuario del "Toro Farnese"),
strada Julia et il ponte e la bellezza dell'altro giardino, fino all'altra porta
che riusciva alla strada di Trastevere, cosa rara e degna di quel pontefice e
della virtù, giudizio e disegno di Michelangelo".
Il grandioso progetto prevedeva la
costruzione di una terrazza spaziosa all’altezza del primo piano nel
prolungamento della facciata laterale - situata in via della Morte - e la sua
estensione verso il fiume, ma fu ben presto abbandonato, concludendosi
semplicemente con l’erezione di un arco sulla via Giulia, la cui loggia un tempo
si affacciava sul Tevere.
L’arco venne innalzato nel 1603.
Collegava la terrazza del palazzo Farnese con il Romitorio del cardinal Odoardo,
con le costruzioni farnesiane tra via Giulia e il Tevere, ove era l’Antiquario e
dove si estendeva anche un grande giardino segreto. Così lo descrive
l’inventario del 1653 della "domus farnesiana", conservato presso l’Archivio di
Stato di Parma: " diviso
in quattro parti principali, in questo giardino sono piantati 48 alberi
d’arancio, 12 palme… un castagno, un lauro…delle cipolle e fiori diversi. Una
peschiera lunga circa quattro canne e larga tre e mezzo tutta circondata da
balaustri di peperino, piena d’acqua al centro con una fontana in marmo
nel mezzo che comprende quattro conchiglie, quattro tartarughe, quattro puttini,
un vaso di media grandezza alla sommità e una cinta di piombo con cinque
bocchini che gettano acqua". Qualche antichità, una Flora, Mercurio e Venere e
un numero infinito di vasi contribuiscono a decorare il portico e il giardino".
Nel basso fabbricato, restaurato
nel 1978, si snoda una antica scala adorna di stucchi ed è racchiusa una loggia
laterizia a tre archi, un tempo prospiciente verso il Tevere, certamente la
"loggia del giardino verso il Tevere", posta vicino alla chiesa della Buona
Morte, dalla cui volta furono distaccati tra il 1816 e il 1826, quando la loggia
fu rimaneggiata, i tre affreschi del Domenichino ora conservati nel palazzo
Farnese.
Nel XVII secolo, quando incominciò
a intensificarsi l'utilizzo della via Giulia per le feste di carnevale e
spettacoli teatrali, l’arco farnesiano divenne una sorta di palco d’onore sulla
strada, sempre "benissimo addobbato", come in occasione del torneo
per il matrimonio tra Domenico Sforza Marescotti con Vittoria Ruspoli nel 1617,
una "corsa con buona licenza de' superiori vicino all'Oratorio della
Compagnia della Morte". "Nell'occasione il signor cardinal Farnese banchettò li
cardinali Aldobrandini, Borghese, Caetani, Leni, Borgia, Savello, Peretti et
Orsini, essendovi dopo pranzo andato anche li cardinali Montalto et Dati per
vedere la festa dalle finestre d'alcune case tenute dal cardinal Farnese
incontro alla casa della sposa
alla quale si accedeva per un
ponte fatto apposta, oltre che sopra l'arco suo che traversa strada Giulia,
v'era come un gran padiglione di broccato et velluto dove, come in una stanza
coperta, si stava a vedere la carriera dei cavalieri ".
L’arco di Palazzo Farnese fu
sfarzosamente decorato in onore della nascita del Delfino di Francia, il futuro
Luigi XIV, nel 1638. Le cronache dell'epoca parlano di "palii di barberi e
cavalli da corrersi avanti il palazzo Ceuli la domenica 21 novembre", di un
terzo palio "corso il lunedì seguente da barche che per lo Tevere similmente
in gran numero seguendo la corrente dell'acqua"; il tutto davanti ad un
"gran numero di popolo allettato dalle novità del corso", e "non
solito farsi in tale contrada".
Le feste non riguardavano soltanto
i nobili, ma anche il popolo: un documento del 1663 informa che una sera a via
Giulia, "a spese de’ particolari con licenza de’ superiori, fu corso un palio
di gobbi ignudi, molto risguardevoli per la varietà delle loro schiene gobeide
che però come cosa nuova in questa città vi concorse molto popolo et nobiltà in
carrozze, in modo che a pena in quella contrada oltre che tutte le fenestre
delle case et palazzi erano piene di persone". Il carattere ludico
della strada si accentuò con l'uso di allagarla durante l'estate, tramite la
chiusura del foro di scarico della fontana all’estremità della via dalla parte
di ponte Sisto, che procurava grande divertimento al popolo e ai nobili in
carrozza.
Nel Settecento proseguono le feste
a via Giulia: memorabile fu quella del 1720, nel giorno della Pentecoste dai
senesi, per l'elezione del loro concittadino Marco Antonio Zondadari alla carica
di Gran Maestro dell'Ordine di Malta:
"furono eretti presso la chiesa di Santa Caterina da Siena due archi trionfali,
uno verso la chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani, l'altro verso il Palazzo
Farnese. Da ambe le parti di tutta la strada, riccamente apparata e illuminata
con lampadari, tra i due archi, si vedevano ritratti di uomini illustri senesi.
Le acque della fontana del Mascherone si erano convertite in vino che si
distribuiva al popolo, e che non cessò sino alle quattro di notte. Tutte le
finestre furono illuminate e vicino al fontanone di ponte Sisto si sparò una
gran macchina di fuoco artifiziale che rappresentava la religione di Malta
trionfante con le figure dei suoi nemici depresse ai suoi piedi".