Nel cuore della
vecchia Roma, tra le stradine del rione Pigna, si apre una piazzetta con una
chiesa dal nome singolare: Santo Stefano del Cacco. Fu restaurata da papa
Pasquale I (817-24) e subì, nel corso dei secoli, vari rimaneggiamenti. Per
scoprire l’origine della sua curiosa denominazione, bisogna tornare molto
indietro nel tempo, addirittura all’epoca romana, quando, proprio sul luogo
della chiesa, sorgeva il tempio dedicato alla divinità egizia Iside, meglio
conosciuto come Iseo Campense. Costruito intorno al 43 a.C., il Santuario fu
riedificato da Domiziano nell’81 d.C.e restaurato da Alessandro Severo
(222-235). Da qui provengono cinque obelischi, uno dei quali si trova oggi sulla
Fontana dei Fiumi a piazza Navona. Resti della ricca decorazione del tempio
tornarono alla luce in più riprese: due enormi statue raffiguranti il Nilo (oggi
al Vaticano) ed il Tevere (al Louvre), il piede gigantesco che si trova in via
Piè di Marmo, il busto della dea Osiride, soprannominato Madama Lucrezia ed
attualmente all’ingresso del palazzetto Venezia, due leoni in basalto nero di
Numidia che ornarono l’ingresso della chiesa di Santo Stefano del Cacco fino al
1562, quando vennero posti alla base della Cordonata del Campidoglio. Per tutto
il Medioevo e fino alla metà del Cinquecento, presso la chiesa era conservata
una statua senza testa del dio egizio Thoth, raffigurato sotto l’aspetto di un
babbuino, o macaco. Il popolo romano lo chiamava "cacco" e tale appellativo è
rimasto alla chiesa anche dopo che la scultura, nel 1562, fu portata in
Campidoglio, per passare, nel 1838, nella collezione egizia del Vaticano.
La tranquilla
piazzetta fu teatro, all’inizi del XVIII secolo, di un efferato delitto,
registrato nel diario di Francesco Valesio, il 26 giugno del 1704: "Non
essendosi più veduta da domenica a sera in qua da' vicini una certa meretrice da
Scio, giovane di 24 anni che habita nella prima casa del vicolo che dalla strada
del Pie' di Marmo conduce alla piazzetta in cui è la porticella della chiesa di
S. Stefano del Cacco, venne avvisata di ciò la corte, che venutavi ed aperta la
porta chiusa solo con il saliscende, ritrovò la detta meretrice nuda in un letto
trafitta da due ferite alla gola et altra in un fianco et altra nel ventre e la
mano destra con un taglio (contrasegno che havea provato difendersi), con un
gatto che gli lambiva il sangue che gli sgorgava dalla gola, qual animale,
appena aperte le finestre e vista l'aria, si morì e, perché quel cadavere
infelice e di già quatriduano rendeva un insopportabile fetore nella casa, lo
trasportarono involto in un lenzuolo nella vicina piazzetta, dove, fattane la
ricognizione, fu portato doppo qualche hora a sepelire a Muro Torto. Nella
recognizione nelle robbe di casa essendo state ritrovate alcune poche gioie e
denari, si vidde che non era stata uccisa per assassinarla, ma per altra causa e
si è sparsa la voce essere stato il proprio marito"