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Con Roma Capitale vennero trasferite da piazza S. Eustachio

Le baracche a piazza Navona una tradizione tutta romana

Alla fine del XIX sec., con la sistemazione del fondo stradale e l’illuminazione a gas, la piazza divenne il centro dell’allegria collettiva

 

La fiera della Befana anticamente si teneva nella piazza di Sant’Eustachio, di fronte alla porta della Sapienza, dove venivano collocati casotti in legno. Fu trasportata in piazza Navona - dove per quattrocento anni consecutivi si era svolto il mercato delle erbe e delle merci - dopo che furono effettuati i lavori di pavimentazione, terminati nel 1872, a cui si aggiunse l’illuminazione a gas. Nel bordo dell’amplissimo marciapiede centrale vennero eretti centoventi casotti di legno, col tetto ricoperto di zinco, forniti dal Comune, tutti uguali e simmetrici. Dalla metà di dicembre sino ai primi di gennaio i casotti erano occupati dai “pupazzari “, che vendevano capanne di sughero, muschi, scenari, angeli in gloria e il necessario per allestire un presepio; dalla vigilia dell’Epifania fino a tutta l’ottava, si esponevano i giocattoli e regali per i bambini. Sulla fine dell’Ottocento, piazza Navona nella notte della Befana era invasa da un frastuono infernale: una fitta folla dava sfogo a un vociare caotico con fischi, urla, suoni di trombe, trombette, tromboni, zufoli, con il tintinnio lacerante di campanelli e il frastuono assordante dei bidoni usati di petrolio, percossi con i bastoni. In grossi recipienti di terra o di metallo veniva bruciata la legna, alimentando pennacchi di fumo che offuscavano le fioche luci delle lampade a gas e delle candele poggiate sulle pensiline delle baracche, davanti alle quali i venditori di zucchero filato, mostaccioli, torrone, pangialli e pampepati, si affaticavano ad esaltare a gran voce la qualità della propria merce. Alla vigilia dell’Epifania, a piazza Navona si recavano i padri, animati dal desiderio di scegliere bene e economicamente i regali per i propri figli. L’euforia durava fino alle ventidue. Dopo aver lasciato le proprie carrozze in piazza S. Andrea della Valle, sulla piazza facevano il loro ingresso, fino a mezzanotte, i rappresentanti dell’aristocrazia romana: era l’occasione per vedere nobildonne dar fiato a fischi d’argento, a trombette elegantissime e battere elegantemente i cembali. A tarda notte raggiungevano la piazza comitive di artisti con enormi fantocci movibili.  Il giorno seguente a piazza Navona i genitori accompagnavano i bambini nelle baracche del teatro dei burattini del famoso illusionista Mercipinetti o in quella del “regno delle fate”, dove erano riprodotte le scene di “Cappuccetto rosso”, di “Belinda e il Mostro” e di altre celebri fiabe. Seduti ai tavoli del “Caffè del Senato”, nella vicina piazza Madama, i clienti ben pensanti si scambiavano le impressioni sulla fiera, raffrontando l’allegria della propria gioventù con quella a cui assistevano, visibilmente insofferenti al rumore che soffocava le loro conversazioni. Dopo la fiera della Befana le baracche non venivano tolte a piazza Navona, ma erano trasformate e usate per la rivendita dei dolciumi, vino, liquori e con altre attrattive per gli appassionati del giuoco della “riffa”. Dal 17 gennaio iniziavano i festivals, che si protraevano fino all’alba delle Ceneri. Avevano luogo quasi tutte le sere entro il recinto delimitato dai casotti e terminavano alle ventidue e oltre. L’ingresso costava venticinque centesimi; due bande, quasi agli estremi della piazza, illuminata dai becchi delle girandoles, alternavano polke, mazurche e valzer. Sino all’ultimo giorno di carnevale, nei casotti si davano spettacoli di varietà ed attrazione: saltimbanchi sulle porte invitavano gridando il pubblico ad entrare e ammirare foche ammaestrate, donne-cannoni o barbute, uomini-cani, fachiri, equilibristi, giocolieri. Alla fine del 1886 i casotti, smontati e depositati in un magazzino comunale, vennero in gran parte distrutti da un incendio. L’otto febbraio dell’anno seguente il Comune bandì l’asta per la vendita del legname salvato. Da allora fu permessa la libera erezione di baracche, come vediamo ancor oggi, in una composta collocazione, sempre con vivacità di colori.

di Antonio Venditti

dicembre 2003

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