Da giovedì, intitolata a Alberto Sordi, sarà aperta al pubblico

La Galleria Colonna ritorna ai romani

Per la sua realizzazione, in stile eclettico, fu sacrificato il palazzo Piombino

 

 

di Antonio Venditti

Dopo anni di abbandono, torna a nuova vita la Galleria Colonna che, intitolata ad Alberto Sordi, giovedì verrà aperta al pubblico, grazie al progetto di recupero dell’architetto Bruno Moauro, sostenuto dal Comune di Roma, e voluto dai proprietari dell’immobile, i gruppi Lamaro, Rinascente e San Paolo con un investimento di 250 milioni di euro.

L’intervento di riqualificazione ed adattamento funzionale della Galleria Colonna comprende l’apertura di trentacinque negozi, di cui La Rinascente, con 1700 metri quadrati e Zara, il marchio spagnolo specializzato in abbigliamento, con 1800, ambedue su quattro piani.

La storica libreria Feltrinelli assumerà l’aspetto di un megastore con dischi, libri, dvd e con uno spazio riservato a eventi culturali. Trova posto anche un ampio bar-ristorante con enoteca.

Nei sotterranei, un parcheggio accoglierà sessanta vetture della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Alcuni uffici di Palazzo Chigi si trasferiranno nei primi mesi del 2004 al primo piano del monumentale edificio.

I restauri hanno riguardato la superficie vetrata del velano di copertura, le decorazioni, le modanature delle pareti interne della Galleria. Sono state rese visibili le decorazioni in marmo pavonazzetto che ornano l’ambiente centrale della Galleria, originariamente destinato “ad attività bancaria” e successivamente utilizzato per spettacoli cinematografici e di varietà.

Una particolare cura è stata posta nell’illuminazione interna mediante il recupero e la riproduzione dei globi originali. Sostanzialmente è migliorato lo standard qualitativo dell’edificio.

Le vicende della costruzione della Galleria si riallacciano con il ruolo assunto da Piazza Colonna nell’ambito della vita politica e sociale di Roma dopo il 1870, dovuto alla vicinanza con il Palazzo di Montecitorio, divenuto sede della Camera dei Deputati.

La sua funzione pubblica si accentuò con lo spostamento delle Poste da Palazzo Madama, divenuto sede del Senato del Regno, nell’edificio che chiudeva la piazza dal lato di Montecitorio, poi acquistato e ricostruito dal banchiere tedesco Wedekind, dove provvisoriamente fu il Ministero dell’Istruzione e successivamente l’Associazione della Stampa Romana.

Un progetto del 1873, successivo al primo Piano Regolatore per Roma Capitale, proponeva l’ingrandimento della piazza Colonna mediante la demolizione del palazzo Wedekind e di tutti i fabbricati addossati, in modo da formare una sola piazza con quella di Montecitorio, da cui sarebbero partite quattro grandi arterie, una verso il Campidoglio, un’altra a Porta del Popolo, le altre al Quirinale e a San Pietro. Il piano, però, non fu approvato.

Nel 1882 il Consiglio comunale tornò ad occuparsi di piazza Colonna e dell’allargamento del Corso, proponendo l’arretramento del palazzo Piombino, ma nel 1888 si giunse ad una convenzione con il principe proprietario per la demolizione dell’edificio, con l’intenzione di costruirne un altro.

Il destino del palazzo si compì negli anni 1889 e 1890, dando origine ad una lunga questione che interessò i romani per molti anni.
Nell’ottobre del 1897 la Giunta comunale previde nel bilancio la somma necessaria per l’acquisto del palazzo Bonaccorsi e delle altre aree necessarie per l’allargamento del Corso da piazza Colonna a piazza Sciarra e nel gennaio dell’anno dopo il Consiglio decise la vendita dell’area in precedenza occupata dal palazzo Piombino.

Cominciò così una lunga serie di progetti, cui diede l’avvio il Deserti nel 1897. Tra i progetti che destarono maggiore attenzione, fu quello Pio Piacentini - Podesti.

Nel 1904 erano in corso delle trattative fra il ministro Stelluti Scala ed il Comune per la costruzione in quel luogo del palazzo delle Poste. Anche questa proposta, come quella del Piacentini e le altre seguenti, non fu accolta.

La Giunta il 10 giugno 1905 propose al Consiglio Comunale l’approvazione dell’offerta di Saverio Parisi, il quale avrebbe acquistato l’area per un milione e 320.000 lire, compresa quella che doveva risultare dalla demolizione del palazzo Bonaccorsi e del palazzetto Sciarra. Globalmente sarebbero sorti, su progetto dell’ing. Via, due edifici monumentali, ai due estremi dei palazzi Marignoli e Sciarra. Il progetto venne discusso nella seduta del 16 dello stesso mese ed ebbe 35 voti favorevoli e 20 contrari, ma la Giunta provinciale amministrativa, presieduta dal prefetto Colmayer, fece delle contestazioni, rimandando la pratica all’esame del Consiglio che la bocciò.

Nell’ottobre del 1908 fu presentato il progetto Carbone-Coppedè, ottantesimo della serie, che comprendeva la sistemazione dell’area delimitata da piazza Colonna, via delle Muratte, piazza di Trevi e via del Tritone, che sarebbe stata attraversata da una grandiosa galleria. La proposta non fu presa in considerazione per l’assenza di garanzie finanziarie.

Nel 1909 fu la volta del progetto Penso-Minozzi, ma al momento della stipula del contratto l’ing. Minozzi non volle modificarne alcune parti, così il compromesso decadde.

Il 21 ottobre 1910 la Commissione edilizia comunale approvò all’unanimità il progetto Mion, deputato Moschini e architetto Carboni.

Il progetto constava di due palazzi: uno principale sull’area Piombino, l’altro in sostituzione del palazzo Bonaccorsi. I due palazzi erano divisi da una via trasversale.

Intanto l’area era stata utilizzata nel 1891 durante il Carnevale per costruirvi un “padiglione dell’allegria”, trasformato nel 1904 in giardino. Una sistemazione provvisoria a cui si accompagnò la costruzione di un edificio, in legno e stucco, ad uso teatro e birreria.
Nella seduta consigliare del 6 ottobre 1911 il progetto di Carbone fu definitivamente approvato. Prevalse l’idea del monumentale edificio di gusto eclettico, che racchiude una Galleria ad Y con due bracci di 75 metri di lunghezza ciascuno e 11 di larghezza, innestati su un portico prospiciente su Piazza Colonna.

La costruzione fu iniziata nel 1914 da un consorzio al quale subentrò la Banca Italiana di Sconto.

La Galleria fu inaugurata il 20 ottobre 1922 dal sindaco Cremonesi, accompagnato dall’assessore Del Vecchio e dal Consigliere Bini.

Nel 1940, su progetto dell’architetto Alberto Calza Bini, fu chiusa la loggia centrale a tre archi e sostituita da due piani di finestre.

All’inaugurazione della rinnovata Galleria si accompagna presso il Museo di Roma la mostra storico-documentaria “Galleria Colonna 1872-2003”, sponsorizzata dalla società Lamaro. Attraverso una selezione di disegni, documenti ed antiche fotografie, è possibile rivivere la sua intera vicenda costruttiva.


INDIETRO

Copyright 2003-2010 © Specchio Romano