La "Casa dei Mostri" ,una bizzarra fantasia
Nell’ultimo tratto fra via Sistina e via Gregoriana sorge il Palazzo voluto da Federico Zuccari, che ha costituito per due secoli un polo di attrazione per gli artisti stranieri, testimoniando anche il "capriccio poetico" del pittore (1542-1609), che acquistò nel 1590 l’area tra le due vie, ampliandola poi con l’aggiunta di un altro terreno. Disegnò porte e finestre su via Gregoriana a forma di "bocche infernali", che fecero indicare l’edificio quale "casa dei mostri". Il portale di pietra scura, a tutto sesto, risulta una faccia grottesca, fortemente aggettante, con la bocca smisuratamente aperta, gli occhi minacciosi sotto i sopraccigli aggrottati, fiancheggiata da paraste bugnate. Il timpano spezzato presenta uno scudo gentilizio, alla sommità monticelli araldici. Altri due mostri, con la bocca spalancata e gli occhi torvi, incorniciano le finestre. L’originale prospetto si riallaccia, secondo la fantasia classicista rinascimentale, ai "Mostri di Bomarzo". All’interno lo Zuccari affrescò quasi tutte le stanze. Nei 1609, dopo la morte degli Zuccari, il Palazzo fu venduto dagli eredi a Marc’Antonio Toscanella, nonostante che nel testamento di Federico l’edificio fosse destinato quale dimora per "poveri giovani pittori oltramontani", come reclamava il 26 marzo del 1653 l’Accademia di S. Luca, rivendicandone la restituzione alla Congregazione della Venerabile Fabrica di S. Pietro. Nel 1702 l’edificio fu preso in affitto dalla regina Casimira di Polonia che vi fece eseguire notevoli cambiamenti, tra cui il così detto "Arco della Regina", un cavalcavia in legno, che univa, al di sopra di via Sistina, il Palazzo con la casa Torres, demolito nel 1799. Sul lato di piazza Trinità dei Monti fece costruire a Filippo Juvarra l’elegante portichetto a balconata con sei colonne. Nell’arco di tempo in cui fu la residenza di Maria Casimira di Polonia, Palazzo Zuccari divenne un centro di cultura di notevole richiamo nella Roma settecentesca: nel 1708 furono allestite due opere di Alessandro Scarlatti, inneggianti le gesta contro i turchi del principe Sobieski, re di Polonia, marito di Maria Casimira; qui abitò dal 1724 lo scultore Pietro Bracci, che abbozzò il progetto per il monumento funerario di Maria Clementina Sobieski a S. Pietro. Dal 1752 al 1753 vi dimorò il pittore Reynolds insieme con altri artisti inglesi, dal 1755 al 1768 Winckelmann. Louis David vi dipinse nel 1784, il "Giuramento degli Orazi". Palazzo Zuccari fu anche un punto di riferimento per la critica d’arte, soprattutto per gli artisti tedeschi: Ludwig Fernow vi tenne un ciclo di conferenze, alloggiandovi, dal 1794 al 1802; Salomon Bartholdy, console generale prussiano, promosse la prima opera collettiva dei "Nazareni" (1816-1817); i pittori Cornelius, Overbeck, Veit, Schadow ebbero, infatti, l’incarico di affrescare un ambiente del Palazzo con le "Storie di Giuseppe in Egitto", tolte nel 1886-87 e portate nella Galleria Nazionale di Berlino. Nel 1900 Enrichetta Hertz, divenuta proprietaria del Palazzo, vi raccolse una importante collezione di oggetti d’arte antichi ed una ricchissima biblioteca; morendo, dispose che la raccolta di quadri fosse destinata allo Stato Italiano - ora al Museo di palazzo Venezia - mentre lasciò l’edificio e la biblioteca al Governo Tedesco perché vi fosse istituito un centro per gli studi della storia dell’arte. Attualmente il Palazzo è sede della Biblioteca Hertziana. L’aspetto odierno di palazzo Zuccari risale ai lavori, eseguiti tra il 1904 ed il 1907 da Mario E. Cannizzaro, quando l’edificio fu ampliato per essere adibito a biblioteca. Nel giardino fu elevata una costruzione a tre piani; venne anche realizzato un prolungamento dell’ingresso principale da via Sistina a via Gregoriana. A Palazzo Zuccari fu poi incorporata l’adiacente "Casa dei Preti", il cui ingresso principale si trovava a via Sistina, acquistata nel 1904 dalla Hertz. Adiacente a Palazzo Zuccari, nel punto in cui oggi sorge "palazzo Stroganoff", era la casa di Salvator Rosa, dove morì nel 1779 Raphael Mengs e abitarono nel 1827 Ingres e Stendhal. Nel 1888 Stroganoff comprò la casa dagli eredi del famoso artista napoletano, che, attualmente, insieme a palazzo Zuccari, costituisce parte integrante della Biblioteca Hertziana. Nel 1905 Palazzo Zuccari fu immortalato da Gabriele D’Annunzio in alcune scene del romanzo "Il piacere". L’ingresso attuale su via Gregoriana non corrisponde a quello originario, che si trovava in via Sistina. All’inizio l’edificio era costituito da due case: lo studio artistico e l’abitazione. Aveva una scala centrale, da cui si accedeva dalla piazza di Trinità dei Monti, ingresso chiuso dalla costruzione all’epoca di Maria Casimira di Polonia. Attorno alla sala della prima casa erano collocate cinque stanze. La seconda casa aveva l’ingresso su via Sistina, presentava uno scalone che portava ai piani superiori. Con i restauri del 1904 questo ingresso fu chiuso, venne aperto quello su via Gregoriana. In cinque ambienti del piano terreno si snoda il ciclo iconografico che illustra le teorie artistiche di Federico Zuccari. Entrando nell’atrio, si accede in una sala con volta a botte e con piccole nicchie dove sono stati rappresentati gli episodi di "Ercole al bivio tra l’Onore e la Virtù". Dappertutto è dipinto lo stemma Zuccari: un cartoccio in cui si vendeva lo zucchero. Nella sala seguente, al centro della volta, è raffigurata simbologicamente la "Gloria dell’artista" attraverso le allegorie delle "Arti e Mestieri, della Sapienza e Perseveranza, del Lavoro". Tra le lunette della volta, in basso, sono ritratti, intramezzati da animali, Federico Zuccari con il fratello Taddeo (1529-1566), la moglie di Federico (Francesca Genga) e i figli, e le figlie intente a lavori domestici. A destra è la "Sala degli Sposi ". In vari riquadri, decorati da raffinatissimi stucchi, è rappresentata "la coppia Zuccari benedetta dell’Angelo Custode". Dalla sala centrale, si entra, a sinistra, in un ambiente dove tutta la raffigurazione è basata sulla teoria del disegno, considerato in stretto rapporto con la filosofia e la teologia. Da qui si passa nella "Sala di Ganimede", nella quale trionfano la prospettiva, l’artificio e l’illusionismo pittorico. Nel secondo piano del Palazzo, nel 1904, furono ricollocati sul soffitto gli affreschi, a soggetto mitologico e storico, di Giulio Romano che decoravano il salone di Villa Lante sul Gianicolo. Negli ambienti adibiti a magazzino della biblioteca si trovano i resti della villa di Lucullo sul Pincio. |
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