La Sedia del Diavolo

Prediletta dalle prostitute

di Alessandro Venditti

 

Nei pressi di viale Libia, c’è un grosso rudere corroso e semidistrutto: la "Sedia del Diavolo". In effetti, si tratta di un antico sepolcro romano della prima metà del II secolo d.C., appartenuto a Publio Elio Callistio, un liberto di Adriano e Sabina. Era un elegante edificio costruito in mattoni rossi e gialli, con una nicchia centrale per una statua di divinità e aperture più piccole per le urne cinerarie, decorato da fregi in terracotta e pavimenti in mosaico. Le ingiurie del tempo lo hanno rovinato a tal punto da farlo assomigliare ad un sinistro trono, degno del principe del male. Nei secoli scorsi, chi passava in quei pressi di notte, si convinceva ancora di più della presenza demoniaca, vedendolo lampeggiare e risplendere di bagliori rossastri. Se qualcuno avesse, però, avuto l’ardire di guardare dentro, avrebbe scoperto l’origine delle luci: si trattava di fuochi accesi dalle prostitute in attesa di clienti o da briganti di passaggio, che vi trovavano un momentaneo riparo. Negli anni ’50 gli abitanti del quartiere diedero vita ad una vera e propria sollevazione popolare, riuscendo ad ottenere che l’amministrazione comunale mutasse il nome della piazza, dedicandola non più alla "Sedia del Diavolo", ma a "Publio Elio Callistio".

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