Un custode infedele vendeva le ossa
dei garibaldini
Uno strano commercio
a Mentana
La Campagna dell’Agro
Romano del 1867, sfortunato tentativo garibaldino di liberare Roma,
si concluse tragicamente il 3 novembre di quello stesso anno con la
battaglia di Mentana. In questa cittadina, dieci anni più tardi,
veniva realizzata l’ara-ossario che attualmente accoglie i resti di
circa 300 garibaldini. Interamente in peperino, il monumento era
stato ideato da Alessandro Castellani e realizzato dall’architetto
romano Augusto Fallani.
Nel grande basamento quadrato si aprono due porte di tipo etrusco.
Quella orientale introduce nell’ossario, mentre quella occidentale
porta al podio, a tre gradoni, su cu si eleva la grande ara di tipo
romano, allusione alle grandezze e alle idee del periodo
repubblicano antico. Sull’ara brillava una fiamma a ricordo dei
caduti per la liberazione di Roma.
Il monumento era divenuto subito una meta di pellegrinaggio per
tanti devoti della patria, ma anche per semplici curiosi. Qualche
anno dopo, nel 1881, fu al centro di un piccolo scandalo, con tanto
di strascico giudiziario. Alcuni visitatori, soprattutto stranieri,
avevano mostrato un interesse esagerato per i poveri scheletri
stipati in casse di legno. Il loro desiderio di portarsi a casa un
macabro souvenir – una sorta di reliquia laica - si poteva
facilmente realizzare grazie alla complicità del custode del
monumento, un certo Matteo Maccari, ex gendarme pontificio, che a
fronte di una lauta mancia donava a chi ne facesse richiesta ossa di
garibaldini. Pare che ci fosse addirittura un prezzario: 20 lire per
un teschio e 5 per una costola!
Il triste commercio doveva andare avanti da un pezzo, quando una
lettera anonima ne avvisò la Società dei Reduci dalle Patrie
Battaglie di Roma, che avviò subito una verifica. Due soci andarono
a Mentana, fingendosi stranieri, e chiesero di poter entrare nel
monumento. Elargirono una bella sommetta al custode e ne ebbero in
cambio una tibia. Un autorevole membro della Società, l’avvocato
Felice Giammarioli, denunciò il fatto al Procuratore del Re e fu
aperta un’istruttoria. Maccari venne arrestato, processato e
condannato a un anno di reclusione “compreso il sofferto”.
Finalmente nel dicembre del 1898 si procedette all’inaugurazione del
nuovo interno dell’ara, studiato in modo che non potessero più
avvenire furti sacrileghi. Le vecchie casse di legno, infatti,
furono sostituite da due grandi sarcofaghi in marmo bianco di
Carrara realizzati dallo scultore romano Gaetano Andreoli. Un
cronista del “Corriere della Sera” ipotizzava che le profanazioni
messe in atto dal custode avessero portato alla dispersione di circa
duecento scheletri.
di
Cinzia Dal
Maso
27
aprile
2019
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