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Luci, ombre e polemiche di uno
scultore poco noto
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Gli anni romani di Nino Cloza
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Nino Cloza è uno scultore poco noto nel
panorama artistico romano degli anni 1920 – 30, travagliato da lotte
e polemiche tra i vari gruppi di potere.
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Nato a Udine nel 1890, aveva studiato
all’Accademia Albertina di Torino. Fascista sansepolcrista, nel 1919
si era trasferito a Milano. Fu uno dei legionari dell’impresa di
Fiume.
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In seguito si stabilì a Roma, diventando
comandante dei moschettieri del Duce. Forte di questo ruolo,
continuava a esercitare pressioni su Mussolini per ottenere
riconoscimenti e commissioni. Partecipò ad alcuni concorsi per opere
pubbliche, ottenendo solo dei premi. Nel 1924, però riusciva ad
aggiudicarsi un incarico di un certo prestigio: il busto di Alarico
Silvestri per la passeggiata del Gianicolo.
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Tra le sculture realizzate in quegli anni è una
delle statue della facciata dell’Hotel Ambasciatori. Per il Foro
Mussolini eseguì una delle statue di atleti, quella del Lanciatore
di palla. Nel 1931 partecipava alla Quadriennale con una Testa di
bimbo e in quello stesso anno fondava un movimento di artisti in
aperta polemica con Cipriano Oppo e Antonio Maraini, direttore del
Sindacato Fascista di Belle Arti, di cui Cloza mal sopportava i
metodi tirannici. Tale atteggiamento lo portò a una netta rottura
con Mussolini che lo costrinse a dimettersi dal giornale “L’Arte
della rivoluzione fascista”, di cui era redattore.
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Nel 1930 gli era stata commissionata, ancora
per il Gianicolo, l’erma di Costante Garibaldi, nipote dell’eroe. Fu
inaugurata il 17 maggio del 1931 insieme con quelle del fratello
Bruno, di Ercole Drei, e del padre Ricciotti, di Mario Rutelli.
Appena due anni dopo Constance Hopcraft, moglie di Ricciotti e madre
di Costante, si rivolse al Governatorato perché riteneva il ritratto
di Cloza poco somigliante, chiedendo e ottenendo che fosse
sostituito con quello che lei stessa aveva scolpito.
Nel 1934 il Governatorato di Roma recepì la proposta del podestà di
Rovigo di porre sul Pincio il busto di Erminia Fuà, patriota,
poetessa ed educatrice, moglie di Arnaldo Fusinato. L’esecuzione
dell’opera fu affidata a Cloza, che iniziò a lavorarci, in
previsione dell’inaugurazione, fissata per il 5 ottobre dello stesso
anno, centenario della nascita di Erminia. Lo scultore però rimase
coinvolto, in Germania, in uno spaventoso incidente motociclistico
che lo rese mutilato del braccio destro e poté completare il busto
solo nel giugno del 1935. I discendenti della poetessa ne chiesero
la collocazione nel 1938, ma ormai le leggi razziali lo avevano
condannato alla giacenza in magazzino, anche se la Fuà, di origine
ebraica, si era convertita al cristianesimo fin dal 1856.
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Cloza morì a Brescia nel 1960.
di
Cinzia Dal
Maso
22 dicembre
2018
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