Il cardinale
che coltivava sedano
Er ciccio de Cornaro
Il sedano è una
pianta conosciuta e apprezzata fin dall’antichità. I greci la
consideravano addirittura sacra ed evitavano di utilizzarla in
cucina come un comune ortaggio. Ne ricercavano le virtù stimolanti,
digestive, fortificanti. Ippocrate suggeriva il sedano come
“alimento e rimedio” per i nervi sconvolti.
I Romani invece lo usavano in cucina senza parsimonia e addirittura
durante i banchetti ne preparavano corone per i commensali, poiché
pensavano che il suo aroma avrebbe contrastato l’insorgere
dell’ubriachezza. Era uno degli ingredienti del moretum, il gustoso
cibo che nell’antica Roma ci si scambiava durante le feste in onore
di Cibele.
Durante il Medioevo questo ortaggio ebbe un ruolo importante
soprattutto per le sue virtù terapeutiche. Santa Ildegarda pensava
che si potesse combattere la depressione assumendo noce moscata e
semi di sedano triturati e mescolati.
Ma del sedano si apprezzavano anche le proprietà afrodisiache,
almeno dal Quattrocento, quando Michele Savonarola avvertiva le
donne di astenersene, dal momento che era in grado di spingere agli
amplessi amorosi anche le più caste.
Nella Roma del Rinascimento, però, il sedano doveva essere diventato
quasi introvabile. Chi non se lo faceva mai mancare era il cardinale
Luigi Cornaro (1517-84), che abitava in via Poli e aveva un giardino
che arrivava fino a via della Stamperia. Qui il porporato veneziano
faceva coltivare l’ortaggio, facendone spesso dono al Papa, a
qualche prelato o a qualche principe, che lo gradivano moltissimo.
Ecco l’origine del modo di dire popolare: “Quello di Cornaro è
proprio ‘n ciccio raro”.
di
Cinzia Dal
Maso
29
luglio 2018
©
Riproduzione Riservata
|
|
CONCORSO LETTERARIO:
LA MIA ROMA - I EDIZIONE |
|