Un incendio ferma il tempo all’età
imperiale
La piccola Pompei romana
A Roma come a Pompei: un incendio ferma il
tempo in un edificio della città imperiale per restituirci, dopo
mille e settecento anni, uno spaccato di vita domestica. In via Amba
Aradam i lavori per la metro C hanno portato all’eccezionale
scoperta di due vani databili in epoca traianea (98 – 117), con
rimaneggiamenti successivi nel corso del III secolo d. C.
Il ritrovamento è avvenuto alla profondità di
circa 10 metri, all’interno del Pozzo Q10, realizzato per monitorare
le condizioni delle vicine Mura Aureliane e intervenire
immediatamente se le vibrazioni prodotte dalla talpa che tra poco
dovrà scavare la galleria della metro ne dovessero compromettere la
stabilità.
L’elemento più sorprendente è un soffitto
ligneo costituito da una grossa
trave, che conserva non solo gli incassi dove si inserivano i
travicelli trasversali, ma anche i chiodi di ferro. Il fuoco non li
ha distrutti, semplicemente li ha carbonizzati. E’ stato così
possibile, per la Cooperativa Archeologia, guidata da Simona
Morretta, rinvenire persino parti di mobilio, come la zampa di un
comodino o di uno sgabelletto, una tavola rettangolare e una zampa
più grande, forse relativa a un armadio. Una voluta passante si
riferiva probabilmente a un balaustra. I pezzi recuperati sono circa
duecento e comprendono anche lo stipite di una finestra con ancora
attaccati dei frammenti di vetro.
Nell’ambiente con il soffitto ligneo è
interessante anche il pavimento a mosaico a tessere bianche e nere,
bordato da una doppia cornice a
foglie cuoriformi e onde correnti.
Sono stati rinvenuti inoltre resti di intonaci
parietali con pitture su fondo divise in riquadri con motivi di
fantasia, tra i quali un fiore su un candelabro vegetale. Nella casa
c’erano degli animali domestici, che non hanno trovato scampo alle
fiamme. Di sicuro c’era un cane, rimasto bloccato davanti a una
porta. Uno scheletro più piccolo forse si riferisce al suo cucciolo,
oppure a un gatto.
L’area
interessata dallo scavo si trova sulle pendici meridionali del
Celio. Il colle in epoca imperiale era caratterizzato, sulla sua
sommità, da abitazioni di lusso. A sud sorgevano edifici militari,
come la caserma tornata recentemente alla luce in via Ipponio, cui
si potrebbero riferire i due vani del Pozzo Q15, considerando anche
la datazione e una simile tecnica edilizia. In tal caso si potrebbe
trattare di ambienti di rappresentanza della caserma, vista
l’eleganza delle decorazioni e la presenza di un impianto di
riscaldamento, forse termale, costituito da piccoli tubi in
coccio sistemati verticalmente dietro l’intonaco dei muri
perimetrali della stanza del piano terreno.
In alternativa,
gli ambienti potrebbero riferirsi a una delle domus del Celio, di
cui si vedevano ancora dei ruderi nel Cinquecento, come risulta
dalla pianta di Leonardo Bufalini.
Ulteriori elementi di interpretazione si spera
vengano dal proseguimento degli scavi, che saranno approfonditi per
altri quattro metri, fino a raggiungere circa 15 metri di
profondità, ossia la quota di calpestio del III secolo, la stessa
delle Mura Aureliane, la cui base, oggi, si trova circa 15 metri
sotto al livello stradale.
Terminate le indagini archeologiche, lo scavo
verrà interrato, non prima che intonaci, rivestimenti ed elementi in
legno siano staccati e posti in salvo. Si spera che tutti i reperti
possano trovare posto in quello che sarà il Museo della stazione
Amba Aradam, progettato dall’architetto Paolo Desideri, con una
grande vetrata che permetterà di vedere la grande caserma del II
secolo e lo spazio circostante fino alle Mura Aureliane.
di
Antonio
Venditti
23 luglio 2017
©
Riproduzione Riservata
|
|
CONCORSO LETTERARIO:
LA MIA ROMA - I EDIZIONE |
|