Ornamenti di ghiaccio per la mostra
dell’Acqua Paola
Il gelo rinnova il Fontanone
A partire dal Cinquecento nasce un nuovo
linguaggio del giardino italiano, basato sul connubio tra
manifestazioni della natura ed elementi artistici. Per la prima
volta l’acqua assume forma architettonica attraverso mezzi
artificiali di nuova invenzione, esaltando al contempo le statue e
le colonne che in essa si specchiano e si moltiplicano.
In questi freddi giorni di inizio gennaio le
fontane di Roma si arricchiscono di un nuovo elemento che ne cambia
l’aspetto e ne impreziosisce le forme: il ghiaccio, che si diverte a
ridisegnare i contorni di vasche e sculture. Ne è un esempio la
fontana – mostra dell’Acqua Paola, fatta erigere,
tra il 1610 e il 1614,
da Paolo V Borghese, al termine dell'acquedotto da lui riattivato
per l’approvvigionamento idrico del Trastevere, fino ad allora
rifornito soltanto da pozzi e dal Tevere. Si trattò, però, di acqua
non perfettamente potabile, per cui i romani delusi coniarono il
detto: "Valere quanto
l'acqua Paola", cioè
valere poco o nulla. Infatti l’acquedotto Paolo corrispondeva a
quello di Traiano, che veniva dal lago di Bracciano e nell’antichità
era stato utilizzato per mettere in funzione i mulini di Roma.
La mostra,
soprannominata dai romani il "Fontanone", fu edificata da Giovanni
Fontana, (1540-1614) in collaborazione con Flaminio Ponzio
(1560-1613). Nella sua costruzione furono riutilizzati marmi
policromi prelevati dal Foro Romano e dal Foro di Nerva, mentre le
colonne provengono dall’antica basilica di San Pietro. In un quadro
singolare e suggestivo, ora le potenti cascatelle d’acqua delle tre
nicchie centrali si confondono e sovrappongono ai bizzarri disegni
del ghiaccio, mentre nei due mostri laterali i getti d’acqua
sembrano del tutto solidificati.
di
Cinzia Dal
Maso
9 gennaio 2017
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