Un’erma in bronzo
per la passeggiata del Gianicolo
Il busto di Alessandro La Marmora
Alessandro La
Marmora era nato a Torino il 27 marzo 1799. Nel 1835, con il grado
di capitano dell’esercito sabaudo, presentava al re Carlo Alberto di
Savoia una “Proposizione per la formazione di una
compagnia di Bersaglieri e modello di uno schioppo per suo uso”.
Grazie a lui l’anno seguente nasceva un corpo che si sarebbe coperto
di gloria in tante battaglie del nostro Risorgimento.
La giunta comunale di Roma aveva deliberato di
dedicare il 18 giugno del 1886 – nel cinquantesimo anniversario
della fondazione del corpo dei Bersaglieri - un busto al generale La
Marmora da collocare tra le erme marmoree che cominciavano a essere
preparate dai vari scultori per la passeggiata del Gianicolo.
Nell’aprile di quello stesso anno, però, Carlo
Tenerani, presidente della Commissione artistica municipale,
riceveva una lettera del Gabinetto del sindaco con la quale gli
veniva comunicato che “l'Associazione degli ex sottufficiali dei
bersaglieri con mezzi propri e con offerte raccolte” aveva fatto
realizzare un busto del generale con l’intenzione di donarlo al
Comune.
Tenerani si venne a trovare in un grande
imbarazzo: l’opera non era conforme alle altre, né nelle dimensioni
né nel materiale. Era stata infatti modellata nel 1884 da Riccardo
Grifoni e tradotta in bronzo nella fonderia Nelli di Roma. Grifoni
era nato a Firenze il 5 giugno del 1845. Fin dal 1870 risulta
residente a Roma, con il suo studio in piazza San Nicola da
Tolentino 4/a, che nel 1872 avrebbe trasferito il via Sistina 57.
Eseguì numerosi busti e monumenti e nel 1906 è ricordato come
insegnante di disegno presso la Reale Scuola tecnica di Roma.
Alla fine il dono venne accettato e la Giunta
diede incarico all’Ufficio tecnico di provvedere al basamento, per
il quale fu scelto un rocchio quadrangolare in marmo africano
giacente nei magazzini comunali, che fu posto su una base a gradini
dello stesso marmo. Il busto del fondatore dei bersaglieri fu
inaugurato nella data stabilita e sistemato dove lo vediamo ancora
oggi, un po’ arretrato rispetto agli altri, tra il ritratto di
Pietro Roselli e quello di Alessandro Gavazzi.
I busti del Gianicolo, si sa, attraverso gli
anni sono purtroppo stati oggetto di diversi atti di vandalismo e
depredazioni. Nel 1926 fu lo stesso Grifoni a segnalare con una
lettera indirizzata al governatore di Roma che ignoti avevano rubato
le lettere di bronzo con cui era composta la frase commemorativa sul
basamento. L’Amministrazione intervenne subito, facendo in modo che
l’increscioso inconveniente non avesse a ripetersi: l’epigrafe
stavolta fu incisa direttamente sul marmo del basamento.
di
Cinzia Dal
Maso
3 settembre 2016
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