Il maestro del
trasformismo
Leopoldo Fregoli
Almeno fino a qualche tempo fa, il nome Fregoli
evocava subito il concetto di trasformismo e veniva affibbiato a chi
cambiava rapidamente il proprio aspetto. Vale la pena di
ripercorrere le tappe principali della vita di un artista
eccezionale. Leopoldo Fregoli era nato a Roma il 2 luglio del 1867.
Suo padre Giovanni era il maggiordomo del conte Luigi Pianciani, che
pochi anni più tardi sarebbe diventato il primo sindaco della
Capitale. Ad appena cinque anni rimase orfano di madre. Non si
poteva definire uno studente modello, visto che a 14 anni non era
ancora riuscito a conseguire la licenza elementare. Giovanissimo,
alternava gli impegni lavorativi con la partecipazione a varie
compagnie teatrali, nelle quali si esibiva come illusionista, comico
o cantante.
Mentre faceva il servizio militare a Bologna, chiese di partire
volontario per l’Africa, dove arrivò nel 1889. E a Massaua successe
qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita. Incaricato da un generale
di organizzare degli spettacoli per il circolo ufficiali, si trovò
in serio imbarazzo: gli attori dilettanti erano pochi e naturalmente
non c’erano attrici. Finì per esibirsi da solo, come macchiettista,
cantante, prestigiatore, vestendosi anche da donna. Poi l’idea
vincente: si impegnò una scena in cui, con veloci cambiamenti di
costume, interpretava quattro diversi personaggi: Lei, Lui, l’Altro
e il servo. Era nato Fregoli, il trasformista. Nel 1990 tornava a
Roma e debuttava al caffè concerto Esedra con “Le educande” di
Sorrento, in cui era vestito davanti da educanda e di dietro da
dragone.
Iniziarono le turnée all’estero, in Spagna, in Sudamerica e
nell’America del Nord. Nel 1895 incontrò in un teatro di Lione uno
dei fratelli Lumiere e si innamorò del cinema appena nascente.
Iniziò con il proiettare alcuni filmati dei Lumiere alla fine dei
suoi spettacoli, poi pensò di produrre delle pellicole in proprio
con le sue più celebri interpretazioni. Le proiettava su uno schermo
di sua invenzione, il Fregoligraph, di 4 metri per 3, incorniciato
da lampadine colorate.
Dopo aver riscosso un grande successo in America ed Europa, nel 1898
fu a Roma, prima al teatro Valle e poi al Costanzi. Il pubblico lo
adorava, ma tra i sui ammiratori c’erano anche i più grandi
intellettuali e artisti del tempo, da Adelaide Ristori a Gabriele
d?Annunzio, che ne apprezzavano la mimica, le capacità di imitatore,
di macchiettista, l’estensione vocale che gli permetteva di cantare
con cinque voci differenti. Proprio al Valle accadde un episodio che
lo stesso Fregoli avrebbe raccontato nelle sue memorie: “Eleonora
Duse, si sa, non andava mai sopra un palcoscenico, quando non
recitava. Manifestò, però, il desiderio di conoscermi e di parlarmi
ed io, prima della fine dello spettacolo, mi recai per pochi minuti
nel suo palco di proscenio. Con una voce soavissima,
indimenticabile, mi disse parole che conservo gelosamente, come un
tesoro, dentro di me. In un suo "bravo Fregoli" mi parve fosse
l'essenza più pura di tutti gli elogi e di tutti gli applausi che
m'erano stati elargiti nelle diverse parti del mondo”.
Nel 1900 la sua carriera era al vertice. Tutto il mondo lo voleva
vedere sulla scena. Allo scoppio della prima guerra mondiale seppe
tornare alle origini, ai piccoli teatri vicini al fronte per
divertire i soldati.
Per colpa del suo amministratore ebbe un rovescio di fortuna e nel
1924 vendette tutte le sue proprietà. Nel 1925 si esibì per l’ultima
volta, in Brasile, poi si ritirò dalle scene mentre era ancora
amatissimo dal pubblico.
Trascorse i suoi ultimi anni in una villetta di Viareggio, dove morì
il 26 novembre del 1936, dopo aver dettato l’epitaffio che si legge
sulla sua tomba al Verano: “Qui Leopoldo Fregoli compì l’ultima sua
trasformazione”.
di
Cinzia Dal
Maso
20 settembre 2015
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