Tre grandi
complessi dovuti a grandi Imperatori del II secolo
Le terme
pubbliche di Ostia
La colonia romana di Ostia, alla foce del
Tevere, ebbe numerosi complessi termali, naturalmente molto più
piccoli di quelli, giganteschi, di Caracalla o Diocleziano a Roma,
eppure egualmente interessanti. I principali furono realizzati in
epoca imperiale, dopo la costruzione dell’acquedotto che garantiva
l’approvvigionamento idrico alla città, opera di Tiberio o Caligola.
Ce ne dovevano essere, naturalmente, anche in
età repubblicana, ma piuttosto piccoli e alimentati da pozzi.
Tre furono le grandi terme pubbliche di Ostia,
dovute a grandi imperatori del II secolo: quelle subito fuori Porta
Marina, realizzate da Traiano, quelle del Nettuno, adrianee, e le
Terme del Foro, attribuite alla liberalità di Marco Gavio
Massimo, prefetto del pretorio di Antonino Pio.
Le Terme del Nettuno sono piuttosto vicine
all’attuale ingresso agli Scavi e prendono il nome dagli splendidi
mosaici bianco-neri che le ornano. Avevano pianta quadrata,
misurando circa 67 metri per ogni lato e costarono la bella somma
di due milioni di sesterzi, come ricorda un’iscrizione, ad Adriano,
che però non riuscì a vederle completate. Servivano ai bisogni degli
abitanti dei quartieri orientali della città e non avevano, come del
resto nessuna delle altre ostiensi, percorsi nettamente separati
per gli uomini e le donne. La divisione tra i sessi, ormai imposta
dalla legge, doveva avvenire riservando alla clientela femminile
orari diversi da quella maschile.
Il vestibolo, fiancheggiato da una latrina, dà
accesso alla grande sala pavimentata a mosaico, con al centro
Nettuno, su una quadriga tirata da ippocampi e circondato da un
movimentato corteggio di tritoni, eroti su delfini e Nereidi su
mostri marini. Nell’aula adiacente il mosaico rappresenta le nozze
tra Nettuno ed Anfitrite: la figlia di Oceano cavalca un ippocampo
e, preceduta da Imene ed accompagnata da Tritoni, si dirige verso il
dio del mare. Il frigidario, dove si prendevano bagni freddi, aveva
due vasche ed un pavimento musivo con al centro Scilla, il terribile
mostro che faceva strage di marinai nelle acque dello stretto di
Messina. Oltre agli ambienti per le abluzioni tiepide e calde, il
complesso aveva un’ampia palestra, delimitata su tre lati da colonne
in marmo di portasanta e con una sala i cui mosaici alludono agli
esercizi ginnici e nel quale si riconoscono quattro gruppi di
atleti. Vi si praticavano giochi con la palla, lotta e vari esercizi
atletici. Alcune stanzette erano riservate ai massaggi e alla
depilazione e certo non dovevano mancare l’ambiente in cui ungersi
con olii profumati e cera (unctorium) e quello dove
detergersi dal sudore, dalla polvere e dallo stesso olio, con
l’apposito strumento in bronzo detto strigile.
Le Terme del Foro, del 160 d.C. circa, erano in
posizione centralissima e furono restaurate nel IV e forse nel V
secolo d.C. Interessante è la disposizione, asimmetrica e
irregolare, delle sale calde, che furono costruite in
modo da non coprirsi l’una con l’altra, così da riuscire a sfruttare
al massimo i raggi del sole.
Dal complesso di Porta Marina, il cui vero
nome, contenuto in un’iscrizione, era “thermae maritimae”, proviene
un ritratto in marmo di Marciana, sorella di Traiano, oggi al Museo
degli Scavi. Forse si tratta dei “balnea” di cui parla Minucio
Felice (III sec.) quando, nel suo “Octavius”, descrive con. accenti
di rara poesia una passeggiata sulla spiaggia di Ostia. Notevole è
il mosaico dello
spogliatoio, del III sec., con alcuni atleti
attorno alla tavola dei premi.
C’erano poi, nei vari quartieri di Ostia,
almeno undici bagni privati, con minori attrezzature, ma utilissimi
per chi avesse fretta o volesse rifuggire dalla confusione delle
grandi terme pubbliche.
di
Cinzia Dal
Maso
02 agosto 2015
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