A
fare da modello per la scultura fu Mattia Pinto, il “Sanculotto”
La statua di Cola di Rienzo in
Campidoglio
Alle pendici del Campidoglio, sul prato che si trova alla sinistra della
cordonata michelangiolesca, è la statua di Cola di Rienzo, uno dei personaggi
più singolari del tardo medioevo romano. Era nato nel 1313 nel rione Regola, in
una modesta casa davanti a ponte Rotto. Di intelligenza vivace, appassionato
studioso dei monumenti e della storia dell’antica Roma, il 20 maggio del 1347 fu
eletto tribuno e liberatore dello stato romano. Avrebbe voluto per Roma la
dignità di capitale del mondo, ma anche un ordinamento comunale, con il governo
dei rappresentanti del popolo. Dopo un rovescio di fortuna, fu costretto a
fuggire da Roma. Vi tornò trionfante, con il titolo di senatore, il primo agosto
1354. Errori ed eccessi gli alienarono il consenso popolare. L’8 ottobre di
quello stesso anno salì per l’ultima volta al Campidoglio. Scoppiò un tumulto
popolare e Cola fu ucciso. Il cadavere venne trascinato davanti a San Marcello
in via Lata, dove rimase appeso per due giorni e una notte, prima di essere
bruciato davanti al mausoleo di Augusto.
La figura del tribuno era stata esaltata nel periodo risorgimentale. Dopo
l’unità d’Italia un ex mazziniano, Biagio Placidi, aveva avanzato la proposta di
erigergli un monumento, con il sostegno del sindaco del tempo, Leopoldo Torlonia.
Il consiglio comunale, nel 1886, autorizzò l’acquisizione della statua bronzea
che lo scultore fiorentino Girolamo Masini (1840 – 85) aveva eseguito nel 1871.
Cola di Rienzo rimaneva un personaggio ancora molto discusso, considerato da
alcuni anticlericale e repubblicano. Si decise allora di non porre la statua
sulla piazza Cola di Rienzo, ma di relegarla sul Campidoglio, che del resto era
il luogo a cui maggiormente si legavano la vita e la morte del tribuno.
Il bronzo, in dimensioni pressoché naturali, raffigura Cola di Rienzo col il
capo coperto da un cappuccio e una spada nella mano sinistra. Il braccio destro,
invece, è levato in alto nell’atto di arringare il popolo. A posare per la
scultura fu uno dei più celebri modelli romani, Mattia Pinto, detto il
“Sanculotto”, “anticlericale per la pelle”, come lo definisce Augusto Jandolo.
Figlio di un portiere di via del Babuino, nel 1872 fu uno degli agitatori che
avrebbero voluto gettare nel Tevere la bara con la salma di Pio IX, mentre
veniva trasferita dal Vaticano alla basilica di San Lorenzo. Il basamento fu
realizzato tra il 1886 e il 1887 dall’architetto Francesco Azzurri (1827 –
1901), che applicò su una struttura in cortina laterizia alcuni frammenti
marmorei antichi. L’inaugurazione ebbe luogo un po’ in sordina, il 20 settembre
1887.
di
Cinzia Dal Maso
1 Maggio 2014
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