Walter Lazzaro verso il centenario |
Controluce mediterraneo
A
Milano, fino al 27 marzo, l’Archivio Galleria Lazzaro by Corsi
ospita la mostra "Controluce mediterraneo", un evento che dà inizio
a un ciclo espositivo pensato per il centenario della nascita di
Lazzaro (1914 - 1989).
L’artista, nato a Roma, ma milanese d’adozione, è conosciuto e amato
dal grande pubblico per le sue "marine".
La
mostra prende spunto dallo studio della luce portato avanti dal
Maestro con lo scopo di avviare una considerazione critica globale
sulla sua opera.
L’analisi parte dalle radici ottocentesche che inevitabilmente lo
formarono attraverso la lezione del padre, Ermilio, anch’egli
pittore. La natura è una presenza costante nelle tele di Lazzaro,
una "compagna" composta e silenziosa che guida l’artista nelle sue
peregrinazioni all’interno del mondo della forma e del colore. Come
in un’elegia sommessa, fatta di percezioni e assonanze emotive,
Lazzaro invitava lo spettatore, sin dalle sue prime opere, a una
contemplazione commossa e austera del creato. La luce si insinua nei
prati di Villa Borghese, nelle rovine di una Roma moderna che
conserva la sua anima antica, oppure si "gela" d’improvviso di
fronte a un’inaspettata nevicata su via dell’Impero.
Un
percorso di artista che ebbe poi un cambiamento repentino negli anni
’70 e ’80 del Novecento.
La luce
diviene, a quel punto, strumento per un’ulteriore riflessione
intensa e coinvolgente.
L’elaborazione di alcuni accadimenti biografici lo convinsero a una
contemplazione assoluta e una rappresentazione del silenzio e della
solitudine.
Dalla
solarità montaliana delle opere giovanili si passa alla luce
radente, mirata, che accarezza alcuni scafi, resi "relitti
emozionali" sulla spiaggia della vita. Come conchiglie, le barche
riposano sulla rena. A volte si specchiano o galleggiano sullo
spazio d’acqua che le circonda.
Il
mare o il fiume, immobile, placato, è un luogo dell’inconscio dove
in tacita attesa si annida e palpita la vita sommersa. Come nel
grembo di una Madre tutto torna all’acqua, alla terra.
La
dimensione evocata di quiete, con il suo mistico innalzamento, si fa
preghiera all’Assoluto, ma anche cerimonia del ricordo.
Lazzaro, negli anni della seconda guerra mondiale, conobbe come
ufficiale l’esperienza della prigionia nei lager tedeschi. Quel
periodo segnò la sua interiorità e rappresentò un incisivo
spartiacque. Al suo rientro in Italia, il ritrovato senso della vita
darà luce – non è un caso dirlo - al significato profondo
dell’approdo, metafora forte di un luogo dove cessano le fatiche
dello spirito.
Su lidi
desolati, ma carichi di vita, la presenza umana si demanda alle
sagome di barche, ombrelloni e capanni. Sabbia e cielo,
materialmente divisi dal mare, ma uniti dal tratto del Maestro,
raccontano la ricerca e il viaggio. Così il mistero innalza l’uomo,
consapevole del suo essere una particella di un immenso cosmo, o
forse ciò che rimane di una maestosa creazione.
di
Annalisa Venditti
10 marzo 2013 |
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