L’esposizione, promossa da Roma Capitale in collaborazione con il
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione per il
Cinema, RAI, con il patrocinio di Fondazione Alberto Sordi, Media
Partner, Il Messaggero, è curata da Gloria Satta, Vincenzo Mollica,
Alessandro Nicosia, che ne ha curato anche l’organizzazione
generale, con Tiziana Appetito.
Il
rapporto di Sordi con Roma è stato incondizionato, appassionato,
sempre a cavallo tra arte e vita. La Capitale è stata il grande
amore di Alberto, il luogo dove si sono intrecciati i suoi film e le
vicende private di una biografia ricca di eventi e successi. Come
scrive Gloria Satta, "nel romanzo sorprendente della sua vita, la
storia d’amore con Roma occupa un ruolo chiave. Albertone era
perdutamente innamorato della sua città. La considerava la più bella
del mondo e sognava di liberarla dal traffico. Dovette limitarsi a
"governarla" nel giorno del suo ottantesimo compleanno, il 15 giugno
del 2000, quando il sindaco Francesco Rutelli gli affidò la fascia
tricolore per 24 ore tra ali di folla acclamante. Indimenticabile.
L’attore è stato il miglior ambasciatore della romanità nel mondo."
Il
percorso della mostra si articola in due sezioni. Nella prima
rivivono Sordi e i suoi 56 film girati a Roma con circa 20
approfondimenti che vedono esposti, molte volte per la prima volta,
fotografie, album personali con rassegne stampa, copioni, oggetti
utilizzati nei film. Nella seconda sezione vengono proposti i
momenti più significativi della vita dell’attore a Roma: la sua
casa, il suo studio, l’addio alla lira, il suo particolare e
personalissimo rapporto con Giovanni Paolo II. E quasi a chiudere
questo cammino ideale tra film e vita, finzione e realtà, ci sono le
toccanti immagini dell’omaggio di cinquecentomila persone alla
camera ardente allestita per lui in Campidoglio e del funerale a San
Giovanni in Laterano, a cui parteciparono in duecentocinquantamila.
A
illustrare il rapporto di Sordi con Roma contribuiscono in misura
determinante i numerosi articoli scritti dall’attore tra il 1988 e
il 2002 su "Il Messaggero", che spaziano tra i più disparati
argomenti: costume, vita quotidiana, ricordi personali, aneddoti
legati alla carriera, riflessioni acute, garbate denunce. Attraverso
le pagine del giornale, l’attore stabilisce un dialogo affettuoso e
arguto con la città, da lui considerata la più bella del mondo
malgrado il traffico, le difficoltà della convivenza, i mutamenti
intervenuti negli anni.