Milena Barberis
Fino
a martedì prossimo (9 aprile) è possibile visitare a Como la mostra
personale della pittrice digitale Milena Barberis: "L’ossessione
del bello mutante". L’esposizione, curata dal critico Alberto
Crespi, è stata realizzata in collaborazione con la "Fondazione
Giosuè Carducci", l’ "Associazione Amici dei Musei di Como" e l’
"Associazione culturale artistica Inform’Arti internazionale".
Il
percorso proposto si compone di trenta pitture digitali su tela,
eseguite tra 2010 e 2012, una installazione e un video.
"Racconto
attraverso l’immagine femminile situazioni, fatti, stati d’animo"
– spiega l’artista. "Dipingo corpi e volti: questi cambiano
continuamente, subiscono trasformazioni fisiche.
Occhi, bocca, mani, torsi, gambe si modificano nelle diverse
circostanze, mentre il soggetto interpreta parti diverse. Uso la
tecnica digitale in chiave pittorica, trasformo e manipolo la base
fotografica con un procedimento totalmente manuale. Utilizzo tutti
gli strumenti del computer, pennelli, matite, colori, esattamente
come quando, prima del 2000, dipingevo in modo tradizionale".
Rimaniamo colpiti da un’opera: si intitola "Allo specchio" ed è
stata eseguita nel 2011. Una giovane donna, scalza, si riflette in
lungo rettangolo, in posizione obliqua. Il corpo naturalissimo, una
volta riflesso, sembra farsi statua, icona immobile di un bello
cristallizzatosi, eterno, immutabile. La donna e la sua immagine. La
sua carne (vera e deperibile) e la sua figura ulteriore, speculare
(istantanea, immortale). Con quest’opera la Barberis - che di
recente ha esposto un suo lavoro anche al Museo Pigorini di Roma -
sembra voler tracciare e rendere visibile il possibile passaggio
dalla realtà al prodotto artistico. Una linea di confine, tra la
vita e lo specchio.
"Le opere che
presentiamo in mostra
- spiega Alberto Crespi nel catalogo -
parlano di un
significativo incremento del dinamismo conferito alla figura,
ottenuto con la trasformazione di un’immagine in altre contigue ma
differenti, leggibili alfine come sequenza di fotogrammi, talvolta
"montati" a computer a bella posta a suggerire un’azione, un
movimento".
"Nei volti, il lavoro
sulle labbra e sugli occhi comporta minime ma significative
mutazioni nelle fisionomie. Altrettanto quello sulle capigliature e
quello d’ombreggiatura, con strumenti digitali paralleli a quelli di
un pittore tradizionale. Tutti comportano lunghissime ore di lavoro
a video. È proprio in questo tempo prolungato in cui l’artista
interviene, opera, abita nel velario dell’immagine che si innescano
l’empatia - al limite di un impossibile possesso - poi il distacco,
inevitabile per imposizione dello strumento di lavoro. L’icona,
volto femminile, gode di una precarietà assoluta nella sua
inesistenza fisica e proprio perciò richiama più energia, più amore
da parte dell’artefice che al tempo stesso ne è assoluto padrone. In
ogni momento un click del mouse la salva o la elide, in un tempo
infinitesimale".
di
Annalisa Venditti
3
aprile 2013 |