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Alla Sala Orfeo del Teatro dell’Orologio

I principi che eravamo

Ha il sapore sincero di una favola antica e la forza evocativa del più intimo dei viaggi lo spettacolo "I Principi che eravamo", in scena alla Sala Orfeo del Teatro dell’Orologio fino al 1° aprile.

Il testo inedito di Francesco Piotti, autore anche della regia, è liberamente ispirato a "Il piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupery.

È uno spettacolo dal ritmo scorrevole e veloce, che si inoltra tra le righe di un capolavoro amatissimo della letteratura con equilibrata modestia e un raro rispetto, senza ansie di stravolgere le originali atmosfere in nome di vuote presunzioni intellettuali.

Chi ha già letto "Il piccolo Principe" lo rivive in una cornice nuova, ma priva di sofisticazioni. Chi non lo conosce si lascia prendere per mano in un viaggio scenico che – attraverso proiezioni digitali – valorizza la dimensione visiva di un testo dove le immagini si moltiplicano attraverso le singole fantasie. Romantico e fedele allo spirito dell’opera, ma innovativo nella forma, "I Principi che eravamo" rende contemporanea la tradizione. Non è poco.

Ma c’è un altro merito da attribuire a questo allestimento, generosamente interpretato da Michele Balducci, Antonio Calamonici, Enrica Nizi e Letizia Letza: l’aver scelto una chiave che rende la messinscena fruibile sia a un pubblico adulto sia a uno molto più giovane.

La platea dei bambini, in religioso silenzio, ascolta rapita le peripezie di un giovane Principe che scopre la vita e ne assapora i valori attraverso la cura e la dedizione che si devono all’Amore. I grandi si commuovono perché conoscono le crisi, gli sforzi che questa ricerca e questa amorevole attenzione richiedono. Come in un sogno, tutto ha inizio in una quotidianità fatta di numeri, conti, frenesie. Siamo in uno studio finanziario e c’è un giovane, forse alle prime armi con un lavoro che sembra promettergli ben poche emozioni. Seduto alla sua scrivania vede trascorrere i giorni sotto il ritmo incalzante di calcolatrici e pile di scartoffie e pratiche da adempiere. Poi, all’improvviso, cala la notte e con essa inizia un viaggio immaginario che terminerà con una rosa, magicamente comparsa in un vaso. E’ la rosa del piccolo Principe. Un fiore delicato eppure forte della sua unicità che, ancora una volta, ci ricorda come "l’essenziale sia invisibile agli occhi".

"L’ho immaginato come un viaggio interiore, un’avventura immaginifica alla riscoperta di sé", spiega Piotti. "Quando da piccolo, come molti, leggevo l’opera di Saint- Exupery - continua - era difficile non stare dalla parte di quel ragazzino biondo. Oggi mi chiedo cosa sia rimasto di quei valori nella società contemporanea, sull’orlo della bancarotta fraudolenta. Il Piccolo Principe dovrebbe tornare come gemma che opera dall’interno, per distruggere quelle corazze che il sistema del cinismo ha inalato spacciandole per elisir di successo e benessere".

"La narrazione - continua - si poggia su due pilastri apparentemente contrapposti che convivono come anime diverse di una stessa persona: la tecnologia e l’artigianato, la scenografia virtuale e il teatro di strada".

di Annalisa Venditti

28 marzo 2012

 

 

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