Sulle
pendici del Gianicolo, in via Goffredo Mameli, nel punto di incrocio
con via Luciano Manara, è una bella fontana in travertino, stucco e
mosaico, con una grande nicchia delimitata da due lesene e ornata da
ghirlande e protomi leonine che reggono nelle fauci alcune pere:
chiaro riferimento allo stemma di papa Sisto V, al secolo Felice
Peretti. La volta della nicchia è costituita da una grande valva di
conchiglia. Sopra una trabeazione riccamente decorata è un timpano
arcuato, anch’esso con ghirlande, coronato da una statua di
Esculapio, purtroppo acefala, affiancata da due vasi. Al centro
della nicchia, una testa di leone versa l’acqua in un bacino, mentre
l’acqua che sgorga da due cannelle è raccolta due piccoli bacini
alla base delle lesene che affiancano la nicchia.
La
fontana, chiusa ai lati da due ampie volute, è qui da meno di un
secolo. Era stata realizzata tra il 1587 e il 1590 da Domenico
Fontana per il giardino della villa Peretti Montalto sull’Esquilino,
proprietà di Sisto V. Il celebre architetto non si limitò alla
progettazione dell’opera, ma diresse e sorvegliò le opere murarie,
l’esecuzione delle parti in travertino e persino il lavoro di
stagnari e ottonari, come descritto minuziosamente nel libro dei
conti.
La
bellissima residenza, con giardini segreti e una piccola zona
alberata su più livelli, venne distrutta alla fine dell’Ottocento
per la realizzazione della Stazione Termini e di alcuni quartieri
moderni. Appena l’Acqua Felice era giunta a Roma, la villa Peretti
Montalto si era arricchì di fontane, tre delle quali, a forma di
nicchione, erano addossate al muro di recinzione. Quella del Nanetto
e quella del Pellicano andarono perdute. Solo quella del Prigione
venne risparmiata e acquistata, nel 1888, dal Comune di Roma, che la
trasferì in magazzino per rimontarla nel 1894-95 come fondale di via
Genova. A seguito della costruzione del palazzo del Viminale, nel
1923 lo spazio occupato dalla fontana serviva per autorimesse o
magazzini: la fontana dovette essere nuovamente smontata e
ricomposta, su progetto del Genio civile, dove si trova attualmente.
Del
"Prigione" che ha dato il nome alla fontana si è persa ogni traccia
da molo tempo. Infatti, nelle notizie storiche sulla villa compilate
nel 1836 dal principe Vittorio Massimo, si apprende che la fontana è
chiamata così "perché, come si legge negli antichi inventari, era
ornata fra le altre statue da una mezza figura più grande del
naturale rappresentante un prigioniero". Scomparse anche le due
statue di Apollo e Venere che affiancavano il prigione.
Nel
2005-2006 l’Amministrazione comunale di Roma ha provveduto a un
accurato restauro della fontana.