La porta Pertusa nelle mura Vaticane
Sulla
parte più alta di viale Vaticano, nel punto in cui si eleva la mole
imponente del Torrione di San Giovanni, si trova la Porta Pertusa,
la cui presenza è indicata anche dalla via omonima e che sembra
dovesse servire solo per uso della Curia e non per il traffico
cittadino. In origine si apriva nelle Mura Leonine, edificate dal
pontefice Leone IV tra l’847 e l’852 per proteggere la basilica di
San Pietro e il Vaticano dal pericolo di incursioni saracene. La
cinta, lunga circa 2 miglia e mezzo, in tufo e mattoni, raggiungeva
sul Tevere il Mausoleo di Adriano, facendone un punto cardine per il
sistema di difesa e raccordandosi così il con le mura Aureliane,
dall’altra parte del fiume. L’intero perimetro delle mura era
disseminato di torri, in tutto quarantaquattro, ma solo tre erano le
porte: infatti il Liber Pontificalis specifica che Leone IV, nel
benedire la nuova opera, si era fermato a pregare davanti a ognuna
di loro. La prima, detta in seguito "Sancti Petri", era nei
pressi della Basilica, nel punto di arrivo della via Francigena. La
seconda era dal lato opposto, dove giungeva la via Septimiana. La
terza era allo sbocco del ponte Elio, presso Castel Sant’Angelo.
La
porta Pertusa, quindi, venne aperta nelle mura Leonine solo in un
secondo momento, forando la cortina. Ce lo direbbe anche il nome,
che forse deriva da "pertugio", apertura. Nell’antichità veniva
chiamata "petra pertusa" la pietra tagliata da Vespasiano sulla via
Flaminia. Quando fu realizzata la porta? Secondo l’ipotesi più
seguita, al ritorno dei papi da Avignone, alla fine del XIV secolo.
In tale occasione, la sede pontificia fu definitivamente trasferita
in Vaticano, abbandonando quella del Laterano, e le tre porte
risultavano ormai insufficienti all’aumentato incremento demografico
ed edilizio. Eppure, stando al Tomassetti, la porta era già stata
nominata in un documento del 1279.
La
cinta muraria del IX secolo continuò per molto tempo a difendere il
Vaticano, anche quando i sistemi di assedio si erano fatti molto più
pericolosi. Così, nel maggio del 1527 quelle mura furono le prime a
cedere alla furia dei Lanzichenecchi di Carlo V. Così, quando solo 7
anni dopo salì al pontificato Paolo III Farnese, la necessità di
creare delle mura più forti risultava evidente. Nonostante i grandi
progetti, furono realizzati solo il grande bastione del Belvedere e
la parte inferiore della porta di Santo Spirito. Furono i successori
Pio IV e Pio V a portare a termine la grande opera. I lavori
iniziarono l’8 maggio del 1561. La città leonina fu quasi
raddoppiata e il progetto di Pio IV Medici congiunse con una
muraglia continua il torrione del Belvedere a Castel Sant’Angelo. In
alcuni punti il tracciato delle nuove mura seguì quello delle
antiche, anzi, a volte fu addirittura riutilizzato. Sulla sommità
del Vaticano il nuovo muro era di poco più esterno rispetto a quello
leoniano. L’antica porta Pertusa, presso il bastione di San
Giovanni, fu sostituita da quella che vediamo oggi, con due accessi
secondari posti ai lati di quello principale, circondato da una
grande cornice a bugnato di travertino e sovrastato, nella chiave di
volta, dallo stemma di Pio IV. Non è però presente nessuna
iscrizione. Secondo Stefano Piale, "potrebbe anche dirsi, che
egli non giungesse a compirla, e fosse ultimata da S. Pio V, il
quale per moderazione lasciasse, o ponesse lo stemma del suo
predecessore, senza farvi iscrizione di alcuno".
La
porta risultò spesso chiusa, come del resto è oggi. Di certo fu
aperta per accogliere la regina Cristina di Svezia, che andava ad
alloggiare al Belvedere. Si legge nel diario del Gigli, in data 20
dicembre 1655: "La sera delli 20 Decembre arrivò a Roma la Regina
alle doi hore di notte, et entrò per porta Pertusa, la quale già
stava murata, et allora fu aperta per tale effetto". Non si trattò
però di un’entrata solenne. L’ingresso ufficiale avvenne solo
qualche giorno dopo, attraverso porta del Popolo.
La
porta era ancora murata, anche se debolmente, nel 1849. Il 30 aprile
di quell’anno i francesi del generale Oudinot, provenienti dalla via
Aurelia, tentarono di entrarvi per porre fine alla Repubblica
Romana. Contavano di sfondarla con qualche cannonata. Qui però gli
assalitori trovarono il coraggio e la tenacia di un giovane
artigliere romano, Paolo Narducci, che seppe battersi come un
vecchio soldato finché non fu ferito mortalmente al petto. Raccolto
da due artiglieri, uno dei quali ferito, fu portato nel vicino
ospedale di Santo Spirito, dove morì alle due e mezza del mattino
del 2 maggio.
di
Cinzia Dal Maso
18 luglio 2012 |