Nel
1810 Napoleone Bonaparte decretava l’istituzione di un Appannaggio a
favore del vicerè d’Italia Eugenio Beauharnais, figlio di sua moglie
Giuseppina, costituito da 2.300 tenute agricole e 138 palazzi
urbani, tutti ubicati nelle Marche. Tali beni erano frutto di
requisizioni principalmente a spese di conventi, monasteri e
confraternite religiose. La caduta dell’impero napoleonico non
alterò la situazione. Le potenze della coalizione vincitrice
decisero, nel corso del Congresso di Vienna, che il principe Eugenio
– il quale nel frattempo aveva ricevuto dal re di Baviera suo
suocero il titolo di Duca di Leuchtemberg – doveva continuare a
usufruire di questi beni. Il governo pontifico, che mal sopportava
la presenza di questo stato nello stato, riuscirà a tornare in
possesso dei beni dell’Appannaggio solo nel 1845, sotto il
pontificato di Gregorio XVI, grazie a un’abile operazione
finanziaria condotta dall’allora monsignor Antonelli.
Fratesi
traccia un ritratto lucido e preciso di questo personaggio. "Giacomo
Antonelli – scrive – nato in Ciociaria da una famiglia di origine
contadina che aveva accumulato un discreto patrimonio con gli
appalti del governo pontificio, a poco più di trent’anni è delegato
apostolico di Macerata". Nel gennaio del 1845 è nominato
pro-tesoriere generale, di fatto ministro delle Finanze, ricevendo
l’incarico di risollevare il bilancio pontificio, dissestato da anni
di una gestione piuttosto disinvolta. "Antonelli – continua Fratesi
– ha le idee chiare sul modo in cui lo Stato pontificio possa – pur
non avendo i denari necessari – porre fine all’Appannaggio
Leuchtemberg e rientrare in possesso dei beni. Si mette subito al
lavoro e in pochi mesi porta a termine l’operazione". Chiede un
prestito obbligazionario al ramo napoletano e parigino dei
Rothschild, contatta alcuni nobili e borghesi romani proponendo loro
l’acquisto dei beni dell’Appannaggio e la successiva vendita in
piccoli lotti. "Con questa duplice operazione, il cui merito viene
quasi unanimemente riconosciuto ad Antonelli – spiega Fratesi – lo
Stato Pontifico riesce – dopo 30 anni – ad annullare gli effetti
negativi di quello che considerava un torto subito, recuperando la
piena sovranità su una grossa porzione del suo territorio".
Mario
Fratesi, autore di numerose ricerche storiche, è stato dal 1985 al
1995 sindaco di Camerata Picena. Attualmente collabora con
l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione
nelle Marche.