Ai
numeri 383 e 385 di via Nomentana, nel quartiere Trieste. è
l’ingresso del Coemeterium Maius, così chiamato secondo il Marucchi
per essere il primo da collegare alle origini del cristianesimo a
Roma.
La
denominazione è confermata da una iscrizione del V secolo che
ricorda la sepoltura di cinque martiri: Vittore, Felice, Papia,
Emerenziana ed Alessandro.
L’area
sepolcrale, sorta nel III sec. d C., è costituita da una vasta serie
di gallerie su due livelli. E’caratterizzata da numerosi cubicoli
che presentano cattedre, modanature, mensole e nicchie intagliate
con maestria nel tufo. Frequente è la decorazione pittorica che
presenta, oltre ai temi del repertorio cristiano, la scena della
conversione di Papia e Mauro nell’arcosolio di Zosime, una
raffigurazione della parabola delle vergini sagge e delle vergini
stolte e una rara scena di prostratio, che mostra due defunti
in adorazione di una santa, forse Emerenziana. Di particolare
interesse è una figura femminile, velata in atteggiamento orante con
un bambino, da identificare con la Madonna.
Nel
cimitero è stata rinvenuta una serie di iscrizioni del III sec.
d.C., caratterizzate da un tipo particolare di grafia incisa su
lastre di marmo, detta "ostriana".
La zona
fin dal Medioevo era adibita ad attività agricole e per quasi tutto
il sec. XIX era occupata solo da alcune modeste costruzioni rurali.
Al di sopra del Coemeterium Maius si estendevano alcune vigne di
proprietà dei Padri di Santa Maria del Popolo che vennero acquistate
verso il 1886 dalla famiglia Leopardi Dittaiuti, nobiltà terriera
delle Marche, imparentata con il poeta di Recanati.
I
lavori per la costruzione della villa iniziarono nel 1905, allorché
i Leopardi affidarono all’ingegnere Giuseppe Miscia l’incarico di
progettare un casino di stile neogotico (1905-1909) in prossimità di
via Nomentana con accesso al giardino direttamente su strada e con
il parco alle spalle dell’edificio. All’ingegnere Decio Costanzi nel
1913 furono affidati i lavori per la scuderia e il garage.
Il
casino venne realizzato in stile neo-medievale secondo il gusto
eclettico degli inizi del Novecento: a tre piani con torretta.
L’ingresso principale, orientato verso la via Nomentana, ha un
portico con archi neogotici sorretto da colonnine tortili e decorato
con cornici e tralci floreali. I prospetti presentano bifore
sormontate da rosoni traforati con al di sopra bifore semplici,
mentre la torretta termina con un terrazzo, il cui tetto è sorretto
da colonnine tortili.
L'edificazione della villa venne completata con la sistemazione di
un giardino di piccole dimensioni. come si rileva da un grafico del
1913: in stile gardeneque (inglese), adattato alle ridotte
dimensioni e al rispetto della sottostante area catacombale.
Presentava semplici viali tortuosi, aiuole irregolari intorno agli
edifici principali, che accompagnavano l’andamento mosso del
terreno. Aveva un aspetto boscoso con prevalenza di conifere e
lecci. Ogni pianta e albero era sistemato con cura per esaltarne le
potenzialità. Oggi è scomparso per la riduzione dell'area antistante
la villa, necessaria per ampliare la strada. L’unico elemento
rimasto dell’arredo originario del giardino è una piccola fontana,
in cemento, in stile neogotico nei pressi della palazzina, insieme
alle cancellate d'accesso in ghisa e ferro battuto. Negli anni la
villa divenne un albergo, poi fu utilizzata come casa di
appuntamenti. Nel 1975 il complesso venne espropriato dal Comune di
Roma e destinato a parco pubblico, per cui molta parte del
patrimonio artistico e naturale è andata perduta. Agli inizi degli
anni '90 il parco, depauperato nella vegetazione e nell’impianto
primitivo, è stato oggetto di un intervento di riarredo, con
l’inserimento di elementi inconciliabili con l'assetto
originariamente concepito, di conseguenza non è scaturito il
recupero dei suoi fondamentali aspetti storici.
La
villa è stata sede prima del Municipio II, poi del comando dei
vigili urbani fino alla fine degli anni ’90. Quanto rimane oggi nel
giardino consiste in lecci, pini e allori. Attualmente vi è ospitato
il centro anziani e la biblioteca comunale.
Villa
Leopardi faceva parte del gruppo di ville che lungo la via Nomentana
contribuirono a farne una delle più belle e paesaggistiche zone del
suburbio romano. Attualmente si presenta, secondo quanto denuncia il
consigliere municipale Andrea Signorini, con le finestre murate, le
pareti imbrattate e invase dalla sporcizia. Il motivo, almeno dal
2006, sembra essere un contenzioso tra la Comunità ebraica e la
Fondazione Schneerson, che ne rivendicano ciascuna la concessione da
parte del Comune.