Una Pasqua senza Pontefice a Roma
Quella
del 1849 fu una Pasqua fuori dall’usuale, celebrata nella Roma repubblicana. Dal
24 novembre dell’anno precedente Pio IX si era rifugiato a Gaeta, ma il popolo
non rinunciò alla celebrazione religiosa, anche se un po’ contaminata dai nuovi
avvenimenti politici. Secondo quanto racconta Nicola Roncalli, "nella mattina
del giorno di Pasqua" – era l’8 aprile - "l’Assemblea, il Triumvirato ed i
ministri si recarono a San Pietro per assistere ad una solenne messa cantata"
celebrata "dall’abate Scoppola, cappellano militare. V’intervenne la truppa di
ogni arma con sei pezzi di cannone". A sentire il reazionario Balleydier,
invece, il celebrante sarebbe stato l’abate Spada, assistito dal padre Ventura e
dal celebre padre Gavazzi. La Basilica era rivestita dei suoi più ricchi
paramenti, con splendide tappezzerie rosse.
Dopo la funzione,
continua Roncalli, l’abate Scoppola si affacciò dalla loggia sulla facciata,
parata con il tricolore, e, circondato dalle bandiere, impartì la benedizione al
popolo e alle truppe sulla piazza. Quindi, "allo sparo delle artiglierie di
Castello ed al suono a fesa delle campane, le truppe posero sulle baionette i
shako", ossia i berretti militari, in segno di letizia, cui risposero i deputati
affacciati ai finestroni agitando fazzoletti e cappelli.
Si può lasciare la
conclusione al Balleydier, secondo il quale "Mazzini venne a mostrarsi al popolo
e a ricevere, in sua qualità di gran sacerdote delle società segrete gli omaggi
che non erano dovuti che al sommo Pontefice. La celebrazione della settimana
santa, nel 1849, apparterrà alla memoria dei più nefasti giorni di Roma", è
l’acida sentenza del francese.
di
Cinzia Dal Maso
04 aprile 2012 |