Novanta
tra statue, bassorilievi e frammenti lapidei – per un arco di tempo
che va dalla Roma antica all’epoca barocca - sono i protagonisti
della mostra "Sculture dalle collezioni Santarelli e Zeri", fino al
primo luglio prossimo nella prestigiosa sede del Museo Fondazione
Roma, Palazzo Sciarra, in via Marco Minghetti 22.
L’esposizione, promossa dalla Fondazione Roma e organizzata da
Fondazione Roma – Arte – Musei con Arthemisia Group, in
collaborazione con la Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli, è
curata da Andrea G. De Marchi ed ha la consulenza scientifica di
Dario Del Bufalo. I capolavori, mostrati per la prima volta al
pubblico in questa occasione, rappresentano gli interessi del grande
critico d’arte Federico Zeri e della famiglia Santarelli, i quali
dedicarono molta attenzione alla scultura, nonostante le diverse
posizioni e attitudini.
Questi
collezionisti, infatti, si mossero nel mondo dell’arte in maniera
diversa, anche se i lavori esposti denotano molte convergenze di
vedute e un interesse particolare per la città eterna. Federico Zeri
fu un finissimo esperto e per tutta la vita accumulò, seguendo
gusto, curiosità e livello qualitativo, opere di grande valore. La
famiglia Santarelli, invece, ha pazientemente ricercato opere nelle
case d’asta di tutto il mondo e nei lasciti privati al fine di
evitarne la dispersione.
"Sono
collezioni – ha spiegato Emmanuele Emanuele, presidente della
Fondazione Roma - dalle quali emerge un sentimento intenso di legame
con Roma. Sono raccolte diverse ma intensamente dialoganti che
riuniscono un assortito insieme di opere di straordinaria bellezza".
Le
sculture sono raggruppate per tema: ritratto di età romana, ritratto
rinascimentale e barocco, statuaria e grandi frammenti,
bassorilievi, piccoli frammenti, campionari di marmi colorati di età
imperiale.
Si
parte dalla sezione dedicata alla statuaria e ai frammenti maggiori,
databili dai primi secoli avanti Cristo fino all’età neoclassica.
Tra questi il Torso femminile e testa di Dioniso in marmo e porfido
del II secolo dopo Cristo e l’Andromeda di Pietro Bernini.
La
seconda parte comprende sculture e campionari di marmi, reperti di
dimensioni ridotte, frutto della passione della famiglia Santarelli
per gemme incise, piccole sculture e micromosaici. Si possono
ammirare marmi colorati, mattonelle in pietra e una delicata testa
di fanciullo eseguita da un artista romano del XVI secolo.
L’ultima sezione è riservata ai ritratti, realizzati con una
perfezione stilistica e una raffinatezza sorprendente: si nota
l’avvicendarsi delle epoche artistiche, dalla statuaria romana del
III secolo alla ritrovata classicità del XIII secolo, fino
all’altezza artistica raggiunta dagli scultori del Settecento.
Particolarmente interessante, il busto duecentesco di Federico II in
marmo lunense e il ritratto del cardinale Marzio Ginetti, eseguito
nel 1673 da Alessandro Rondone. Per non parlare del ritratto di
Alessandro Magno del III sec., di quello di Paolo V Borghese opera
di Nicolas Cordier (1605-12), o del busto di Magistrato della
seconda metà del Seicento.
Il
percorso è chiuso da "Lo studio dello scultore", dove viene ricreata
una vera e propria bottega di lavoro, con materiali e utensili, per
dare allo spettatore la possibilità di conoscere le tecniche
esecutive dell’arte della scultura. Qui sono esposti gli strumenti
di lavoro e le opere di due celebri falsari romani della metà del
Novecento, Gildo Pedrazzoni e Alceo Dossena.
La
mostra è completata dalla proiezione del documentario "L’impero di
marmo", di Folco Quilici, che illustra l’amore degli antichi romani
per i marmi, bianchi e colorati. E’ difficile immaginare, guardando
le rovine dell’antichità sottoposte a millenni di spoliazioni e
rapine, quale potesse essere il loro aspetto originario. Quelle
che oggi appaiono come nude strutture murarie, erano ricoperte da
splendenti marmi, graniti e porfidi, provenienti per la massima
parte dalla Grecia, dal Mediterraneo orientale e dall’Africa:
un’immensa mole di materiale che andava ad abbellire Roma e le ville
del Lazio. Tra il I e il V secolo venne trasportata per mare e
arrivò ad Ostia, dove riceveva una prima lavorazione, soprattutto
per quanto riguarda le parti architettoniche, nelle tante botteghe
artigiane, come quella scoperta presso il centro della città, nel
cui magazzino erano stipate 52 colonne.