Giovanni
Costa, detto Nino, era nato a Roma il 15 ottobre 1826, quattordicesimo di
quindici figli, da una famiglia trasteverina di industriali della lana, il cui
palazzo è ancora visibile nella piazza dove c’è la chiesa di San Francesco a
Ripa, con tanto di lapide commemorativa.
Ricevette
un’educazione classica, ma rimase affascinato dall’arte medioevale e
rinascimentale. Intanto diventava un convinto assertore dell’unità d’Italia. Nel
1847 si iscrisse alla "Giovane Italia" e nel 1848 partecipò come volontario alla
prima guerra d’indipendenza.
Fin da questo
periodo iniziò a frequentare gli studi di artisti neoclassici e romantici,
allontanandosene però presto, per il suo amore per la pittura dal vero.
Quando fu
proclamata la Repubblica Romana, aveva appena 23 anni e si trovava in disaccordo
con il padre e con i fratelli, per le sue idee liberali, ma soprattutto per la
sua volontà di non occuparsi dell’azienda di famiglia, per dedicarsi alla
pittura. Ospitò nella sua casa a Garibaldi e fu nominato consigliere municipale.
Al ritorno del
Papa, tra il 1850 e il 1851 fu a Napoli, dove forse poté conoscere e apprezzare
la scuola di Posillipo. Nel 1853 avvenne la sua "conversione monarchica".
Imputava alle concezioni politiche di Mazzini il fallimento della difesa della
Repubblica Romana. Si riunì con alcuni amici nel suo studio di via Margutta 33.
Furono concordi che tutti i romani liberali si dovevano unire per aiutare il re
Vittorio a liberare l’Italia. "Passando ad esaminare quali mezzi fossero più
acconci ad ottenere tale scopo, presto ci trovammo d’accordo, pure, nel
riconoscere che l’uomo più capace e più accetto per ottenere la conversione dei
romani al nostro nuovo indirizzo politico e per ordinare un nuovo partito, per
promuoverlo e per sostenerlo fosse l’amico" Giuseppe Checchetelli, che dopo
essere stato arrestato nel febbraio del 1850, viveva nel paese di origine dei
genitori, Ciciliano. Costa lo convinse a tornare a Roma, e da allora
Checchetelli rimase per molti anni alla guida del cosiddetto "partito
ragionevole" romano.
Il 1856 segnò
inizio del successo artistico di Nino Costa nell’ambiente inglese, con il quadro
"Dormono di giorno per pescare di notte", che, replicato in dimensioni maggiori,
fu esposto nel 1890 alla New Gallery di Londra. Sempre nel 1856 venne esposto
alla Promotrice romana un dei suoi dipinti più celebrati, "Donne che imbarcano
legna al porto di Anzio", del 1852.
Nel 1859 tornò a
combattere per l'indipendenza italiana e partecipò alla seconda guerra di
indipendenza, arruolandosi nel regio esercito piemontese. Alla fine di
quell’anno andava a Firenze, dove si trovavano molti altri patrioti, per unirsi
a loro. Ma la città era anche un floridissimo centro artistico, dove entrò in
contatto, soprattutto al Caffè Michelangelo, con i giovani macchiaioli, che
convinse ad abbandonare i soggetti storici per la pittura dal vero.
Viaggiò moltissimo,
anche all’estero, con una grande apertura verso tecniche ed idee nuove. Può
essere considerato il paesaggista più autorevole fra i ribelli dell’ambiente
romano ed era convinto che occorresse dipingere con gli stessi mezzi del vero.
Nonostante l’enorme successo ottenuto in paesi come la Francia o l’Inghilterra e
a dispetto del suo ruolo di polo catalizzatore dei vari tentativi di
rinnovamento artistico della cultura romana, Costa non fu mai compreso e
accettato del tutto nella sua città. Si definiva "la persona più impopolare nel
mondo artistico romano".
Nel 1870 partecipò
alla liberazione di Roma e fu tra i primi ad entrare dalla breccia di porta Pia,
insieme con Augusto Valenziani, di cui il pittore così raccontava la morte: "fra
le fucilate dei nemici, pure noi avanzavamo a sbalzi, di corsa. I difensori ci
sparavano addosso. Mentre sotto il fuoco avanzavamo, mi sono voltato verso
Valenziani (che portava gli occhiali) chiedendogli: Le tue lenti si sono rotte?
Nello stesso istante una palla nella testa me lo faceva cadere morente, fra le
braccia. Io l’ho tratto da parte, l’ho appoggiato a un muro e abbracciandolo gli
ho detto: Ringrazia Iddio che ti fa morire così! E mi sono gettato all’assalto".
Da allora partecipò
attivamente alla vita politica della città, divenendo anche consigliere
comunale. Riprese l’attività artistica, senza perdere il suo carattere ribelle e
fondando molti gruppi artistici, come il Golden Club, il Circolo degli Italiani
e la Scuola Etrusca.
Prima di morire, il
31 gennaio del 1903 a Marina di Pisa, dettò i suoi ricordi alla figlia,
pubblicati postumi nel 1927 con il titolo "Quel che vidi e quel che intesi".
Dell’argomento si
parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma", il
programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia
Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.