Annibale
Lucatelli nel suo prezioso volume "Carità di patria - Ai fratelli
dimenticati - Ricordo" traccia un toccante profilo di un eroico
romano, Giovanni Cherubini, cui il padre, uomo di grande cultura,
aveva trasmesso l’amore per la patria e la libertà. Giovanni
studiava pittura con buoni risultati presso Tommaso Minardi,
professore all’accademia di San Luca, quando decise di partire per
la campagna del Veneto. Combatté a Vicenza nel 1848, rimanendo
gravemente ferito dalla mitraglia. Riuscì a guarire, potendo così
partecipare, l’anno seguente, alla difesa della Repubblica Romana,
della cui assemblea il padre era stato eletto deputato.
Ristabilitosi il governo papale, una sera si imbatté per strada in
un folto gruppo di persone che applaudiva i francesi. Giovanni fu
colto dall’ira e minacciò con un bastone uno dei manifestanti, il
curato della Madonna dei Monti, poi, sapendo che il suo gesto non
sarebbe rimasto senza conseguenze, fuggì fuori dai confini dello
stato. Il tribunale lo condannò in contumacia a cinque anni di
carcere. Poiché la polizia pontificia, non riuscendo a mettere le
mani su di lui, aveva arrestato il padre con l’accusa di complicità
nel sacrilego gesto, Giovanni si vide costretto a tornare a Roma e a
scontare la sua pena per intero. Una volta liberato ebbe una parte
attiva nelle sommosse del 1859, guadagnandosi altri due arresti. Nel
1865 fu di nuovo costretto a emigrare e si trasferì a Terni, dove
rimase finché l’appello di Garibaldi non lo spinse a combattere di
nuovo. Nel 1867 partecipò alla campagna dell’Agro romano per la
liberazione di Roma. A Monterotondo si spinse fin sotto le porte
della città per incendiarle, incurante dei proiettili nemici. A
Mentana, racconta Lucatelli, "esaurì le munizioni dopo brevissimo
tempo, e sotto una pioggia di palle sottrasse cartucce dalla sacca
dei suoi compagni caduti e seguitò a sparare, ma quando non vi fu
più né tempo né mezzo di continuare, afferrò la carabina per la
canna e menò colpi violentissimi da tutte le parti come una belva
inferocita, mentre la faccia gli grondava sangue e le vesti erano
tutte lacere". Anche il fucile si ruppe, allora combatté con la
daga, poi, nel corpo a corpo, con pugni e morsi. All’altezza di
villa Santucci una scarica di mitraglia gli spezzò un ginocchio e lo
fece cadere. Gli zuavi gli furono addosso, lo crivellarono di ferite
e gli cavarono gli occhi con la baionetta, "sino a che quel forte
non spirò ruggendo come un leone". Lasciava la moglie e un figlio,
che fu educato nel collegio militare di Torino a spese di Vittorio
Emanuele II.
Di
Giovanni Cherubini si è parlato a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a
"Questa è Roma", il programma ideato e condotto da Maria Pia
Partisani, in studio con Livia Ventimiglia il martedì dalle 14 alle
15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.