Il
più celebre Apoxyomenos che noi conosciamo è certo quello realizzato da Lisippo
intorno al 320 a.C., noto soprattutto dalla superba replica in marmo dei Musei
Vaticani, rinvenuta a Trastevere nel 1849. Il braccio che si protende in avanti
in direzione dello spettatore immerge la figura in uno spazio tridimensionale.
Tutta la statua è inclinata in avanti, mentre l’intero equilibrio della
composizione e il bilanciamento degli arti sono dinamici e instabili.
L’originale era stato portato a Roma e sistemato da Agrippa davanti alle sue
terme in Campo Marzio. Tiberio, sempre secondo quanto riferisce Plinio, era
talmente affascinato dalla scultura che la fece trasportare nella sua camera. Il
popolo romano fu talmente contrariato da tale decisione, che inscenò pubbliche
proteste, richiedendone a gran voce la restituzione nel teatro: alla fine
l’Imperatore fu costretto, suo malgrado, a rimettere a posto la statua.
Un altro tipo
statuario può essere attribuito a un seguace di Policleto, che secondo
l’archeologo Paolo Moreno potrebbe essere Dedalo di Sicione. Il giovane atleta è
rappresentato anch’esso in piedi, mentre, con la testa leggermente abbassata, è
intento a passare lo strigile sulla coscia. La posizione del capo e degli arti
indicano la concentrazione dell’atleta nel gesto e denunciano una dimensione
intima di chi è ancora immerso nella prova agonistica. Questo tipo statuario è
noto da una scultura in bronzo da Efeso ora a Vienna, dal bronzo rinvenuto in
mare presso l’isola di Lussino in Croazia, dalle statue degli Uffizi, di
Castelgandolfo e di Boston da Frascati.
Le caratteristiche
di questo atleta in riposo sono espresse, anche nei particolari, dalla la testa
in bronzo del Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas, che fino al prossimo 15
gennaio romani e turisti potranno ammirare ai Musei Capitolini, dove si trova in
prestito in cambio del dipinto "La Buona Ventura" di
Caravaggio, attualmente inserito nel percorso della mostra "Caravaggio and his
followers".
La testa è stata
scoperta intorno alla metà del XVIII secolo, quando venne acquistata dal
collezionista e senatore veneziano Bernardo Nani (1712-1761) per il suo palazzo
di San Trovaso, ricco di antichità provenienti dalla Dalmazia e dalla Grecia. Fu
probabilmente lo stesso Nani a far montare la testa su un busto bronzeo
drappeggiato di epoca rinascimentale, realizzato all’inizio del XVI secolo da
una bottega veneziana. Il bronzo figura nell’incisione di Bartolotti edita nel
1761 nel volume Monumenta Peloponnesiaca di Paolo Maria Paciaudi.
Dopo la dispersione
della raccolta Nani, la scultura giunse in Francia e nel 1956 fu posta in
vendita tra le opere della collezione di Lucien Guiraud, quindi acquistata dal
collezionista Hans Calmann (1899-1982) e messa all’asta alla sua morte da
Sotheby’s a New York. Nel 2000 è pervenuta Kimbell Art Museum, dove di recente
la testa è stata separata dal busto ed esposta su un nuovo supporto.
Anche per questo
prezioso reperto è disponibile l’innovativa tecnologia NFC, di cui i
Musei Capitolini si sono dotati per primi in Italia e che fornisce informazioni
sulle opere esposte tramite smartphone. Il servizio, nato da un’idea di
Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico –
Sovraintendenza ai Beni Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura,
è stato affidato a Samsung Electronics Italia dopo la sua risposta positiva ad
un’indagine condotta tra i grandi produttori del settore.
I visitatori che
dispongono di uno smartphone dotato di tecnologia NFC di qualsiasi produttore
possono usarlo direttamente, mentre chi non lo ha può ritirare in biglietteria i
terminali adatti messi a disposizione da Samsung senza alcun costo aggiuntivo
sul biglietto. La trasmissione delle informazioni funziona in modo automatico,
basta avvicinare lo smartphone al tag posizionato accanto ad un’opera per far
aprire il suo browser web con la pagina di approfondimento: titolo e autore
quando conosciuto, descrizione e interpretazione, datazione, contesto artistico
e via dicendo.
Il servizio, già
operativo, per il momento interessa
circa
300 opere nelle sale di Palazzo Nuovo, Palazzo dei Conservatori e Pinacoteca.