Clemente VIII Aldobrandini, Paolo V Borghese, Gregorio XIV Boncompagni, Urbano
VIII Barberini e iniziava uno straordinario sviluppo artistico che si sarebbe
protratto fino alla fine del Seicento.
A questo
affascinante argomento è dedicata la mostra curata da Rossella Vodret "Roma
al tempo di Caravaggio", a Palazzo Venezia dall'11 novembre al 19 febbraio 2012,
promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico e per
il Polo Museale della Città di Roma e realizzata con il supporto organizzativo
di Civita e Munus.
Saranno esposti
circa 140 dipinti provenienti dai maggiori musei italiani ed
esteri, alcuni esposti in Italia per la prima volta, che costituisco il tessuto
connettivo del panorama artistico della Città eterna in cui visse e operò il
grande genio lombardo.
I primi anni del
XVII secolo sono segnati dal confronto serrato e diretto tra due giganti della
pittura italiana: il bolognese Annibale Carracci, capo indiscusso della corrente
classicista, e il lombardo Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, creatore di
una rivoluzionaria forma di rappresentazione della realtà. Entrambi scomparvero
a un anno esatto l’uno dall’altro: il 15 luglio 1609 Annibale; il 18 luglio 1610
Caravaggio.
Michelangelo Merisi
operò un’autentica rivoluzione nell’arte utilizzando la luce e l’ombra come suoi
punti di forza per enfatizzare la drammaticità della rappresentazione. La
potenza della sua luce inoltre permise di donare ai soggetti una dignità e una
monumentalità ancora sconosciute.
Giunto a Roma nel
1595, qui Annibale Carracci ebbe modo di osservare le opere di età classica,
traendone l’insegnamento per portare a compimento il suo rinnovamento della
pittura. Ne derivò uno stile che poteva considerarsi una continuazione
del Rinascimento, ma anche l’apertura di una nuova strada che portò
verso il barocco.
Il rapporto tra i
due artisti è reso evidente all'inizio del percorso espositivo dall'accostamento
fra le rispettive versioni de la "Madonna di Loreto" realizzate negli stessi
anni. La comparazione dei due quadri, mai messi a confronto prima d'ora, è di
fondamentale importanza ai fini scientifici della mostra.
L’esposizione si
articola in una serie di sezioni in cui vengono prese in considerazione sia le
opere di destinazione pubblica - pale d'altare o dipinti legati ai luoghi di
culto - sia dipinti di destinazione privata realizzati su commissione dei
maggiori mecenati dell'epoca.
Negli anni
successivi, infatti, le stimolanti basi gettate dai due maestri furono raccolte
e sviluppate sia dai pittori classicisti bolognesi - rappresentati in mostra da
artisti quali Domenichino, Lanfranco, Guido Reni, Albani - che avevano seguito
Annibale nella città papale, sia da quanti fecero proprio il drammatico
naturalismo di Caravaggio, come testimoniano i dipinti di Orazio e Artemisia
Gentileschi, Carlo Saraceni, Orazio Borgianni e Bartolomeo Manfredi.
Quest’ultimo divenne un abile falsario delle opere di Caravaggio, tanto che
subito dopo la fuga da Roma del grande genio lombardo (1606) molte opere di
Manfredi furono vendute come originali di Caravaggio.
Le due correnti
dominarono il panorama artistico romano del secondo decennio e furono
continuamente modificate e arricchite non solo da continui influssi e intrecci
reciproci, ma anche attraverso intensi scambi con i numerosi pittori toscani,
emiliani, genovesi, lombardi e soprattutto l'esuberante schiera di stranieri -
francesi, fiamminghi e spagnoli - presenti a Roma in quel periodo, dei quali
saranno esposte in mostra opere di Valentin, Vouet, Honthorst, Rubens, Ribera.
Le opere prescelte
per l’esposizione sono state selezionate in modo da dare il panorama più ampio
possibile delle complesse vicende che caratterizzarono l’ambiente artistico
romano all’inizio del XVII secolo. Insieme ad opere provenienti da musei e
collezioni private per l'occasione è presente eccezionalmente in mostra per la
prima volta in Italia il "Sant’Agostino", recentemente attribuito a Caravaggio e
oggetto di un vivace dibattito: a questo dipinto sarà dedicata una giornata di
studi, condotta in collaborazione con l’Università di Roma, che vedrà riuniti a
confronto i protagonisti della questione attributiva.