"La
memoria di lui vivrà eterna quanto il tempo. Roma, l'Italia, lo
venereranno quale Martire; e siamo certi che quando sul Campidoglio
sventolerà il tricolore vessillo e saranno infugati dal Vaticano i
tristi corvi, Roma, decretando onore di epigrafi e di monumenti ai
suoi Martiri, inciderà i nomi loro sulla pietra, e in cima a que'
nomi sarà quello di Angelo Brunetti detto Ciceruacchio". Così Felice
Venosta, nel 1863, concludeva il suo libro dedicato all’eroe
trasteverino, fucilato insieme con i suoi figli a Ca’ Tiepolo, la
notte tra il 10 e l’11 agosto 1849, durante la lunga marcia di
Garibaldi in direzione di Venezia, dopo la caduta della Repubblica
Romana.
Bisognò
aspettare il centenario della nascita di Garibaldi, il 1892, perché
un comitato popolare, di cui era presidente Salvatore Barzilai e di
cui facevano parte Luigi Cesana, direttore de "Il Messaggero", e lo
scultore Ferrari, inoltrasse la richiesta di un monumento all’eroe.
Fu aperta una sottoscrizione e distribuito un foglio nel quale era
scritto che il monumento avrebbe dovuto "glorificare l’anima
popolare, espressa dall’eroismo di Ciceruacchio, il quale, dopo aver
diffuso le idee liberali in mezzo al popolo romano, cadde vittima
della doppiezza politica di Pio IX".
L’esecuzione dell’opera in bronzo fu affidata allo scultore
siciliano Ettore Ximenes, che ne aveva già presentato il progetto
con notevole successo all’esposizione di Torino del 1880. La solenne
inaugurazione del monumento, collocato sul lungotevere Arnaldo da
Brescia, presso il ponte Margherita, avvenne il pomeriggio del 3
novembre 1907. Appena cadde il telo che copriva il gruppo scultoreo,
la folla rimase con il fiato sospeso a contemplare la figura
imponente e fiera di Angelo Brunetti, che, guardando in faccia il
nemico, si scopriva il petto, indicando di mirare al cuore. Ai suoi
piedi il figlio Lorenzo, in ginocchio e bendato, con la bocca
spalancata in un grido. Dal monumento fu escluso l’altro figlio,
Luigi, con un atto giudicato da Aldo Lombardi "antistorico ed
inumano". Ma Luigi Brunetti era un personaggio scomodo: su di lui
gravava il sospetto di essere stato l’esecutore materiale
dell’assassinio di Pellegrino Rossi, ministro dell’Interno del
governo pontificio, accoltellato il 15 novembre del 1848 nel palazzo
della Cancelleria.
Nel
1959, in occasione dell’apertura del sottovia del lungotevere
Arnaldo da Brescia, il monumento fu spostato di non molto, sul
lungotevere in Augusta, dove però i rami di due platani ne
ostacolavano la visibilità e il passaggio continuo delle macchine ne
compromettevano la conservazione. Ora sembra aver trovato una sede
degna e definitiva. La scorsa settimana, in occasione delle
celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è stato
trasferito nel parco del Gianicolo, luogo simbolo del Risorgimento
romano, poco prima del cancello che dà su Porta San Pancrazio.