Su un
edificio di via Frattina, a destra del civico 12, proprio sopra le
finestre del primo piano, è murata una lapide in cui si legge: "In
questa casa dimorò / Mattia Montecchi romano / triumviro della
Repubblica nel (milleottocentoquarantanove) / Cittadino integerrimo
/ tutto diede alla patria / nulla chiese per sé".
Mattia
Montecchi era nato a Roma nel 1815 e fu carbonaro fino dal 1834,
partecipando a varie congiure contro il governo pontificio. Nel 1844
venne arrestato per cospirazione e condannato al carcere a vita. Fu
chiuso a Castel Sant’Angelo e poi nel forte di Civita Castellana,
dove ebbe come compagno di prigionia Felice Orsini. Nel 1846, dopo
l’elezione di Pio IX, poté godere dell’amnistia. Nel 1848 partecipò
alla campagna del Veneto. Ebbe una parte di primo piano nella
Repubblica romana, come deputato alla Costituente e ministro. Con la
restaurazione del governo pontificio, fu costretto all’esilio e a
Lugano fondò, insieme con Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi, una
società che si proponeva di pubblicare e diffondere in Italia
giornali, libri e opuscoli di idee rivoluzionarie e repubblicane.
Collaborò anche al giornale clandestino "L’Italia del Popolo".
Dopo
l’unificazione del Paese, tra il 1862 e il 1867, fu deputato del
Regno d’Italia.
Il 22
settembre del 1870 fu membro della Giunta di governo di Roma, fu
subito sciolta dal generale Cadorna.
Ecco
come Edmondo De Amicis descriveva, nel suo "Roma Capitale", il
discorso tenuto dal Montecchi nei giorni che seguirono la breccia di
Porta Pia: "Il vecchio patriota romano, accompagnato dagli amici,
avvolto e nascosto quasi dalle bandiere, sale sul pulpito a capo
scoperto, e preso appena fiato comincia con voce commossa: - Popolo
romano, rivendicato alla libertà e restituito per sempre alla comune
patria...
S’interrompe un istante, e poi con irresistibile slancio - ...Io ti
saluto!
L’ultima sua parola muore in un singhiozzo; egli si copre gli occhi
col fazzoletto e ricade sulla seggiola. La folla manda un grido
d’entusiasmo, tendendo le braccia e agitando le bandiere.
-
Silenzio! Silenzio!
Il
Montecchi ricomincia a parlare, a voce bassa, interrompendosi tratto
tratto. La folla ondeggiando e rimescolandosi, si stringe intorno al
pulpito. Le parole dell’oratore non giungono fino a me. Mi faccio
innanzi per intendere qualcosa.
Il potere temporale al Papa, - egli
esclama, - è caduto!"
Montecchi morì a Londra nel 1871. Il suo busto sul Gianicolo, del
1898, è opera di Emilio Dies.
Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa
è Roma", il programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani,
in studio con Livia Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in
replica il sabato dalle 10 alle 11.