E’
stato presentato a Roma, presso la libreria Arion Esposizioni di via
Milano 15, il volume "Le acque di Roma. Storia, luogo di captazione,
decorso e luoghi di distribuzione di tutte le acque che giunsero
nella città di Roma", di Valter Lori (EdiLazio, 260 pag., 13 euro).
Scopo
del volume è invitare il lettore a considerare una delle grandi
ricchezze della città di Roma, illustrando le fasi successive che
videro la quasi incredibile opera di portare nella città quantità
straordinarie dell’elemento alimentare e vitale, che poi divenne
anche decorativo e finalmente di costume nella quotidianità
cittadina.
Willy
Pocino, presidente di EdiLazio, ha introdotto e coordinato gli
interventi di Vittorio Nicolazzo e Stefania Severi.
Nella
prima parte del libro l’autore prende in esame le acque locali, non
solo quelle stagnanti o correnti, ma anche quelle derivanti da una
straordinaria attività sotterranea.
Certo
la storia più affascinante narrata da Lori è quella dei grandi
acquedotti, i cui ruderi - così amati dai paesaggisti dell’Ottocento
- si innalzano ancora a caratterizzare il paesaggio della campagna
romana. "Concezioni ardite, approfonditi studi del suolo e della
scienza idraulica – spiega Lori – furono necessari per attuare
questa grande opera civile, che iniziata per portare agli abitanti
acque più salubri e abbondanti di quelle che il suolo della città
offriva, continuò con l’aggiunta di intenti decorativi e di
divertimento, e finì nel lusso e nello sfarzo dei grandiosi edifici
termali". Le invasioni dei barbari ebbero come conseguenza la rovina
e la distruzione dei grandi acquedotti. Le spoliazioni e lo
smantellamento degli antichi edifici pubblici in genere e in
particolare di quelli destinati all’approvvigionamento idrico, però,
sarebbero continuati fino al secolo scorso: basti citare quelle
connesse con la costruzione della Stazione Termini e del Ministero
delle Finanze, "che cancellarono completamente quanto, e non era
poco, restava di antichi gloriosi edifici come mura, porte, terme e
della parte terminale degli acquedotti dell’Aniene e Marcio.
La
terza parte del libro è dedicata agli acquedotti dei Papi e alle
bellissime fontane che con il loro canto sommesso animano le strade
e le piazze della Roma moderna. Da quella delle Tartarughe a quella
dei Quattro Fiumi del Bernini, dalla semplice vasca di piazza
Colonna al trionfo del barocco della Fontana di Trevi, un insieme
armonioso e complesso in cui l’acqua sorge copiosa e si riversa
fragorosamente sulla digradante scogliera per allargarsi poi
placidamente nel sottostante vascone. "Soltanto chi ha sostato di
giorno o di notte – avverte l’autore – di fronte alla scenografica
rappresentazione, può aver sentito tra il fragore della cascata
d’acqua e il brusio della folla entusiasta, l’impercettibile
passaggio da uno spettacolo creato dalla natura a uno costruito
dall’uomo..."