"Se
è vero che tutte le strade portano a Roma, è altrettanto provato che l’imponente
rete viaria romana, vero trait d’union tre la Città Eterna e i sempre più estesi
territori dominati, sia stato il naturale vicolo della cultura latina, sia in
età repubblicana che in quella imperiale". Così ha spiegato il sottosegretario
al Ministero per il Beni e le Attività culturali Francesco Maria Giro
introducendo il volume "La riscoperta della via Flaminia più vicina a Roma:
storia, luoghi, personaggi" (Edizioni Nuova Cultura, 190 pagine, 40,00 euro),
che riunisce i contributi di Francesco Laddaga, Maria Pia Partisani e Fabrizio
Vistoli, esposti durante l’Incontro di studio tenutosi il 22 giugno del 2009
presso l’Auditorium dell’Ara Pacis.
Il libro
costituisce uno straordinario viaggio attraverso il tratto suburbano della
secolare arteria, tra ponte Milvio e il Casale di Malborghetto, costellato di
monumenti e memorie storiche. "Al momento della sua realizzazione – spiega
Laddaga – la Via partiva ai piedi del Campidoglio, laddove passavano le prime
mura di Roma, quelle cosiddette serviane". "Attraversato il Tevere su ponte
Milvio...l’antica Flaminia piegava ad est, passando accanto alla collina
dominata dalla cosiddetta Villa di Ovidio e costeggiando la riva destra del
fiume". Tra i resti più importanti, quelli della Tomba dei Nasonii, rinvenuta
nel 1674, ormai mancante di buona parte dell’elaborata decorazione interna e
della facciata.
Affascinante il
saggio di Fabrizio Vistoli che conduce il lettore alla scoperta degli horti di
Ovidio, ben noti dalle fonti e riconosciuti attraverso alcuni ambienti venuti
alla luce tra viale Tor di Quinto e via Lupi, come la sala con uno splendido
pavimento a mosaico in cui una serie di zone concentriche di triangoli
curvilinei bianco neri racchiude al centro un finissimo émblema policromo con
un’erma maschile barbata, coronata di edera e corimbi e con il tirso appoggiato
alla spalla sinistra, di certo l’anziano Sileno, assidua presenza nei cortei di
Bacco. Purtroppo, però, l’area archeologica non è per il momento accessibile al
vasto pubblico. "Motivazioni di carattere tecnico (un’estesa falda acquifera che
rende impraticabile lo scavo) ed economico (la cronica scarsità di fondi in cui
si dibattono Comune e Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma)
hanno infatti impedito l’allestimento di un percorso di visita all’area",
avverte Vistoli. L’archeologo si è soffermato anche sulla singolare storia del
mausoleo di Tor di Quinto, ricostruito nel 1897 da Giacomo Boni nel giardino di
villa Blanc con i pezzi di un monumento funerario già esistente sulla Flaminia,
scomposto e poi dimenticato nel cortile di un antiquario.
Maria Pia Partisani
ha dedicato un dotto e particolareggiato contributo alla villa di Livia ad
Gallinas Albas, rinvenuta nella tenuta agricola di proprietà del Capitolo di
Santa Maria in Via Lata. "Finalmente dunque – scrive la studiosa - nel marzo del
1863, dopo secoli di abbandono e di oblio, e per iniziativa di privati,
cominciarono i lavori di scavo del sito, e con essi la sua storia moderna. Gli
scavi furono decisamente molto fruttuosi: oltre a sculture, colonne, stucchi,
mosaici ed epigrafi, dopo nemmeno un mese dal loro inizio, il 20 aprile 1863,
gli operai portarono alla luce la magnifica statua di Augusto con lorica", in
ottimo stato di conservazione, che subito entusiasmò eruditi e letterati
contemporanei. Il 30 aprile dello stesso anno, una nuova stupefacente scoperta
"lasciava di stucco gli scavatori": veniva localizzata e scavata una grande sala
ipogea dipinta con alberi, arbusti, cespugli e fiori. "Le specie vegetali
esemplificate – continua Maria Pia Partisani – una vera e propria collezione
botanica, associano artificiosamente stadi di fioritura diversi, incompatibili
nella realtà, a sottolinearne la valenza astratta e simbolica".
I due luoghi che
segnano idealmente i confini del tratto suburbano della Flaminia sono poi
associati a un evento cruciale per la storia dell’Europa e dell’Occidente
cristiano: la visione di Costantino e la sua battaglia con Massenzio.
Malborghetto, che oggi ha l’aspetto di un moderno casale, utilizza le strutture
di un arco quadrifronte di epoca romana, edificato all’incrocio tra la Flaminia
e una strada secondaria. Come conclude Laddaga, "l’arco di Malborghetto fu
edificato non dove fu conseguita la vittoria , ma dove Costantino aveva posto il
suo accampamento alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio; ovviamente non
sapremo mai se Egli quel giorno ebbe realmente la visione della croce: quello
che ci sembra fondamentale, tuttavia, è che Costantino volle far credere di
averla avuta".