Dal 30 aprile al 30
giugno 1849, la partecipazione dei romani, trasteverini e non, alla difesa della
Città Eterna, fu piena e convinta. "Roma, nell’insieme del suo popolo – scriveva
Aurelio Saffi a sua madre – non si è levata mai a tanta moralità, a tanta
dignità, a tanta grandezza di sentimenti generosi, quanto al presente",
aggiungendo che "la virtù e il coraggio di questo popolo supera ogni lode, è un
popolo degno della libertà per cui combatte". Purtroppo, della maggior parte di
questi umili eroi si è persa la memoria. Particolarmente interessante è, quindi,
una dichiarazione di Giovanni Venanzi, difensore della Repubblica e dopo il 1867
Consigliere comunale di Roma, relativa alla giornata del 30 aprile 1849: "fra i
volontari sortiti all’aperto dalla Porta S. Pancrazio e scorrazzanti in quei
pressi, ebbi più volte a notare un popolano dall’accento schiettamente romano,
senza cappello e dai capelli grigi, il quale si distingueva per l’arrischiato
coraggio e l’esaltamento da cui era invaso. Col fucile impugnato e gridando
ferocemente egli appariva e rispariva saltando fossi e burroni e correndo
anelante in traccia del nemico".
Quella stessa sera,
Venanzi ritrovò l’uomo tra i morti deposti presso la Sacrestia di San Pietro in
Montorio. Ne osservò i lunghi capelli grigi, il corto naso, il colorito pallido,
l’alta statura, la taglia svelta e nerboruta. Poteva avere cinquanta anni. Era
vestito di una camiciola di velluto color oliva, calzoni lunghi e scuri, calze
bianche e scarpe accollate. La camicia, semiaperta, era di tela grossolana, ma
bianchissima. Sul petto, sotto l’apertura, era ricamato in rosso il suo cognome:
Settimi.
Dell’argomento si
parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), a "Questa è Roma", il
programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia
Ventimiglia il martedì dalle 14 alle 15 e in replica il sabato dalle 10 alle 11.