Nel
Foro Romano, sei vergini custodivano in un tempio rotondo – il più
importante della città – il fuoco sacro, simbolo della vita di Roma:
erano le Vestali, scelte in un’età compresa tra i 6 e i 10 anni
nelle famiglie patrizie, sacerdotesse di un culto millenario
all’origine della città. Infatti la stessa Rea Silvia, madre di
Romolo e Remo, secondo la tradizione era una vestale.
Dovevano essere prive di imperfezioni fisiche e pronunciavano un
solenne voto di castità e rimanevano in carica per 30 anni, godendo
di numerosissimi privilegi. Sul loro capo pendeva, però, la
terribile punizione a cui sarebbero state sottoposte se fossero
venute meno ai loro doveri o se avessero rotto il voto di castità:
la sepoltura da vive, dopo essere state frustrate, al campus
sceleratum, situato presso la porta Collina.
Ce ne
lascia la descrizione Plutarco: "la
sfortunata colpevole è portata su un carro funebre, a cui è legata
con cinghie di cuoio, attraverso il Foro, il vicus longus, l’alta
Semita fino alla porta Collina. La folla si apre in silenzio al
passaggio del corteo funebre, non una parola si ode, non un lamento.
Lacrime scendono silenziose dagli occhi di ogni spettatore. Tutta la
città è percorsa da orrore e dolorosa pietà. Finalmente il corteo
giunge vicino all’apertura di una cripta, l’alto sacerdote alza le
braccia verso gli dei, la sfortunata colpevole scende, per mezzo di
una scala, nella tomba... La scala è rimossa, l’apertura è chiusa da
una grossa pietra e una grande quantità di terra viene ammassata su
di essa, fino a cancellare ogni traccia del tragico luogo".
Finalmente la Casa delle Vestali, uno dei gioielli del Foro Romano,
situata dietro al tempio di Vesta, nel luogo ove la piazza comincia
a salire verso il Palatino, tra la via Nova e la via Sacra, viene
riaperta al pubblico.
Per
circa 20 anni un’equipe dell’università La Sapienza, guidata
dall’archeologo Andrea Carandini, ha scavato sotto la Casa
ricostruita in epoca neroniana, dopo il grande incendio del 64 d.C e
ristrutturata sotto Settimio Severo dopo quello del 191. Il
risultato è stata la scoperta della primissima Domus degli albori,
quando Roma era poco più che un villaggio di capanne, della quale
sono stati ritrovati alcuni ambienti e i muri di argilla.
Grazie
a importanti lavori di restauro, è stato inaugurato l’itinerario
della via Nova, sulla pendice nord-occidentale del Palatino, che con
un percorso rettilineo va dalla zona a monte dell'atrium Vestae fino
all'inizio del Clivo Palatino. La strada viene si solito riferita
alla pianificazione urbanistica successiva all'incendio del 64 d.C.,
ma potrebbe essere relativa a una sistemazione precedente.
L'inaugurazione del percorso fa parte del programma di
valorizzazione del patrimonio del Foro Romano attuato dalla
Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma, sostenuto
dall'azione del Commissario delegato alle aree archeologiche di Roma
e Ostia antica, Roberto Cecchi.
I
lavori hanno riguardato un’area di oltre 4 mila metri quadrati. Le
opere di restauro e manutenzione sono state finanziate con i fondi
Arcus e con quelli della programmazione ordinaria 2010 della
Soprintendenza. Il primo intervento che ha avuto come obiettivo la
riapertura dell'Atrium Vestae - 1.568 metri quadri - e un percorso
di collegamento tra questo e la soprastante Via Nova, ha previsto
tutte le opere di messa in sicurezza, consolidamento e restauro.
Come ha
spiegato il sottosegretario ai Beni Culturali Francesco
Giro, si tratta di "un altro luogo che viene restituito
alla città e ai turisti che vengono a Roma per ammirare
l'archeologia''. Per la soprintendente ai Beni Archeologici
Anna Maria Moretti, "'la Casa della Vestali ci racconta
oggi la sua storia in modo puntuale grazie agli scavi condotti da
Carandini", mentre grazie all’apertura della Via Nova è "nuovamente
godibile la quinta architettonica monumentale del prospetto
settentrionale della Domus Tiberiana, oggetto di consolidamento
statico per le criticità che si devono alla situazione geologica di
questo settore".
L'assessore capitolino Dino Gasperini ha
specificato che si tratta di un traguardo atteso da troppi anni e ha
ricordato che 19 milioni sono destinati all'area archeologica
centrale, dal Circo Massimo al Colle Oppio, e provengono da fondi
privati e pubblici, mentre 30 milioni andranno al Tridente.