L’arte
nei lager fu un sostegno non solo per l’anima, ma anche materiale: ecco la linea
guida della mostra "Entro dipinta gabbia", curata da Annalisa Venditti e
promossa dalla Prefettura di Roma in collaborazione con la Provincia di Roma,
ospitata, in occasione della Giornata della Memoria, nella Sala Stampa di
Palazzo Valentini.
La mostra ha
documentato come alcuni ufficiali italiani internati dai nazisti - dotati di
particolari qualità artistiche – abbiano cercato di astrarsi dalla dura e
tragica realtà realizzando, attraverso i pochi mezzi a disposizione, disegni o
ritratti.
Spesso riuscirono a
barattare i loro dipinti con qualche tubetto di colore, un pennello, sigarette,
medicinali, oppure una patata, un cucchiaio di grasso, un po’ d’acqua bollente,
un pezzo di pane, magari una cipolla, da dividere il più delle volte con i
compagni meno fortunati.
Queste opere, oltre
ad avere un innegabile valore storico e documentario, testimoniano la forza che
lo spirito creativo profuse nelle grigie atmosfere del campo, tra le baracche
dove il tempo dell’attesa si consumava crudele.
Su una gabbia di
metallo, carica di valori simbolici, Annalisa Venditti ha esposto opere
originali dipinte nei lager, dopo l’8 settembre 1943, da Alessandro Berretti,
Delfo Previtali, Piero Ricci e Gino Spalmach, gentilmente concesse dall’ANEI
(Associazione Nazionale ex Internati).
A ispirare il
titolo della mostra è stato un disegno del pittore Walter Lazzaro: "La fame
in gabbia", realizzato nel 1943 nel campo polacco di Biala Podlaska. Tra i
documenti esposti, anche una riproduzione de "La voce di San Gerardo",
giornale compilato interamente a mano da un gruppo di ufficiali lucani durante
l’internamento. Per la prima volta sono stati presentati alcuni schizzi eseguiti
in prigionia dal maestro Mauro Masi.