Anna
Galletti de Cadilhac era nata a Roma il 24 marzo 1825 dal francese
Alessandro e dalla romana Maria Luisa Salandri-Magatti. Rimasta
orfana in tenerissima età, fu affidata alle cure della nonna e della
zia materna. Poco più che adolescente, si innamorò perdutamente del
conte Bartolomeo Galletti, che la ricambiava con passione. Il conte
doveva essere veramente un bell’uomo: Garibaldi lo avrebbe definito,
qualche anno più tardi, "un eroe bello al pari di un eroe
dell’antica Grecia, coraggioso, intelligente, devoto alla patria".
Anche se sorsero non pochi impedimenti, alla fine giunse il giorno,
anzi la notte del matrimonio: il 15 ottobre del 1842, dopo la
mezzanotte, a casa del parroco di San Giacomo in Augusta. Gli sposi
andarono ad abitare in piazza Pollarola. Il matrimonio avrebbe
cambiato la vita di Anna, contagiata dal patriottismo del marito.
Nel 1848 fu promotrice di una manifestazione di donne romane.
Organizzava feste per sovvenzionare gli ospedali, gli asili
d’infanzia, i soldati. Il popolo la chiamava la "bella di Roma".
Nel
1849, durante la difesa della Repubblica Romana, si prodigò
nell’assistenza ai feriti, come sottodirettrice dell’Ospedale dei
Pellegrini, dove, come apprendiamo dalle sue memorie, servivano
anche Anna Mandolesi, Amalia Canini, Elisa Castellani Truvé e le sue
sorelle Francesca ed Augusta Castellani, l’intera famiglia di
Filippo Paradisi con moglie e tre figlie, tra cui Maria Paradisi
Ossani e Clelia Massimi, dilettante drammatica, con sua figlia. Si
viene anche a sapere che "Garibaldi,
quando la sera, al tardi, veniva a visitare i feriti, a cui facea
parole di conforto, non mancava mai di porgermi compagnia dopo la
mezzanotte in cui rincasavo, e mi chiamava l’angelo di quello
Spedale e mostravami profondo rispetto e deferenza. Spessissimo mi
portava i cordiali saluti della sua buona Annita".
"Pio IX
– scrisse Anna nelle sue memorie -
scomunicò tutte le signore che prestarono la loro opera ai feriti,
trattandoci come le ultime donne dell’abbietta società, mentre il
nostro unico scopo era di sollevare quei miseri, che tutto avevano
sacrificato all’altare della Patria... noi non eravamo state delle
meretrici, ma spinte solo dalla carità cristiana per salvare i
feriti ed assistere, consolando i morienti, lontani dalle loro
infelici famiglie, e che rigorosamente s’osservava che anche le
infermiere della notte, che non erano sotto la nostra vigilanza,
fossero tutte principalmente di specchiata moralità. La nostra opera
caritatevole non era solo per i nostri feriti, ma si estendeva con
eguale amore, compassione e carità anche ai nemici Francesi e
Napoletani ivi degenti".
Caduta
la Repubblica, Bartolomeo Galletti fu esiliato e Anna, rimasta a
Roma, si distinse per impegno politico e bellezza. Nel 1863
intrecciò una relazione con Vittorio Emanuele II, che le costò la
separazione dal marito.