Felice Venosta,
nella sua biografia di Ciceruacchio, riferisce che nel 1849, durante la difesa
della Repubblica Romana, il tribuno fu, con Enrico Cernuschi, l’anima della
Commissione delle barricate. Spesso lavorò alla fortificazione delle porte, con
l’aiuto di "un tale Materassi, macchinista del teatro Apollo". Si tratta di
Lorenzo Maderazzi, nato alla fino del ‘700 e indicato nel Mercurio di Roma del
1843 come "Maresciallo del corpo dei vigili, macchinista teatrale", con
abitazione in via della Mola di San Giovanni de’ Fiorentini 19.
Il suo lavoro era
talmente apprezzato che aveva eseguito il palcoscenico e tutto il meccanismo per
il teatro municipale di Alessandria.
L’8 settembre del
1846 aveva apprestato insieme con Agostino Tibaldi i legnami e le armature per
un arco trionfale temporaneo in onore di Pio IX che era stato posto allo sbocco
di via del Corso su piazza del Popolo. L’arco era stato disegnato da Felice
Cicconetti e l’impresa era diretta da Giuseppe Antonini, Ciceruacchio e Luigi
Paolelli.
Nel 1848 aveva
ottenuto da monsignor Savelli, insieme con altri capi del popolo, Ciceruacchio,
Piccioni, Bezzi, Filippo Meucci, Vinciguerra, il permesso di istituire il
"Circolo popolare". Felice Venosta, che lo definisce un "figlio del lavoro",
racconta una sua prodezza: era riuscito con grande facilità, per mezzo di una
sola corda, "avvolgendola attorno al sasso e gradatamente formandosene un
posapiede", a salire sulla cima dell’obelisco di piazza del Popolo, per
collocare sulla croce il berretto rosso.
Durante l’assedio
francese di Roma, Maderazzi, insieme con Ruggeri e Galiani, aveva requisito
un’ingente quantitativo di legname a un certo Annibaldi, per munire le
barricate, senza però un mandato scritto del triumvirato, allegando
semplicemente un ordine verbale di Garibaldi, che peraltro non era il comandante
supremo delle operazioni belliche. Nel 1852 l’Annibaldi si rivolse al Tribunale
della Rota per ottenere un risarcimento direttamente dal Maderazzi e dai suoi
compagni, sostenendo che la mercanzia era stata tolta dal magazzino "senza
neppure rilasciargli una carta la quale dicesse quanto, da chi, in qual giorno,
per quale comando, per qual prezzo e per quale uso venisse asportala".
La difesa dei "rei
convenuti" era affidala all’avvocato Calatili, che provò come il legname fosse
stato portato effettivamente in vari luoghi della città dove si costruivano le
barricate. Il legale sostenne inoltre che l’ordine scritto dei triumviri non era
necessario, poiché "ordinata la difesa di una città, s’intendeva data ai
comandanti la facoltà di richiedere quello che era utile, o necessario".
Inoltre, "ognuno dei comandanti, a meno che le sue facoltà non siano state
espressamente ristrette, deve fare tutto quello che tende a terminare presto la
guerra, ed a trionfare, né contrae responsabilità alcuna verso i privati chi
obbedisce a tali comandi".
L’istanza
dell’Annibaldi fu rigettata.