Sul
Celio, di fronte all’arco di Dolabella e vicino alla chiesa di Santa Maria in
Domnica, su un antico portale duecentesco con un arco a sesto pieno spicca una
bellissima edicola in marmo con due colonnine che protegge uno splendido tondo
musivo sormontato da una croce, raffigurante Cristo mentre libera due schiavi.
Qui sorgeva il complesso di San Tommaso in Formis, insediatosi nel 1207 in un
antico monastero benedettino, per concessione di papa Innocenzo III che lo donò
a San Giovanni de Matha, il provenzale fondatore dell’ordine dei Trinitari. Fin
dal 1209 il santo francese vi aggiunse un ospedale per la cura degli schiavi
riscattati, a cui il portale dava accesso.
Tutt’intorno al mosaico corre la scritta con lettere in oro su fondo scuro "Signum
Ordinis Sanctae Trinitatis et Captivorum", ossia "Emblema dell’Ordine della
Santa Trinità e degli Schiavi". Particolarmente suggestivo il soggetto
raffigurato: Cristo, maestoso e assiso in trono, libera due piccoli schiavi –
uno bianco e uno nero - disposti ai suoi lati. Lo schiavo bianco regge in mano
una croce rossa e azzurra su una lunga asta. Il Salvatore gli afferra con la
mano destra il polso destro, nell’atto di liberarlo. Le catene che gli stringono
le caviglie sono spezzate. Con la sinistra il Cristo prende il polso sinistro
del moro, nella cui destra è un lungo scudiscio. Le catene che gli ostacolano il
cammino restano chiuse. Si tratta di un’opera fortemente simbolica, in cui
entrambi gli schiavi vengono riscattati fisicamente dalla prigionia, anche se
per il moro non c’è la vera liberazione, per ottenere la quale occorre la
conversione.
L’iconografia ci riporta alla famosa visione avuta da San Giovanni de Matha il
28 febbraio del 1193, durante la celebrazione della sua prima messa: un uomo dal
volto radioso che teneva per le mani due individui con le catene ai piedi: uno
nero e deforme, l’altro bianco, pallido e macilento. L’uomo gli intimò di
liberare le povere creature schiave per motivi di fede.
Giovanni
comprese immediatamente che la sua missione sacerdotale sarebbe stata quella di
emancipare gli schiavi cristiani in Nordafrica, dove i pirati del Mediterraneo
vendevano i giovani rastrellati negli assalti in mare e nelle scorribande di
terra: a Cerfroid, a circa 100 chilometri da Parigi, fondò con quattro eremiti
l’Ordine della Santa Trinità e, ottenuta nel 1198 l’approvazione pontificia,
partì per il Marocco. Qui i Trinitari visitarono prigioni e mercati, trattando
sia con le autorità che con padroni, e riuscirono a liberare i primi duecento
schiavi, con regolari scritture registrate da un notaio. Al ritorno, lo sbarco a
Marsiglia fu estremamente commovente, con San Giovanni che accompagnava i
duecento emancipati alla cattedrale cantando il salmo "In exitu Israël de
Aegypto". L’Ordine vestiva l’abito bianco con una croce rossa e azzurra sul
petto, una cappa e un cappuccio neri. Le comunità erano piccole e agili, la
regola austera, le chiese semplici e prive di eccessivi ornamenti.
Tra il
1199 e il 1207 San Giovanni si lanciò in un attivismo frenetico, per trovare
denaro con cui incrementare le operazioni di riscatto e aumentare i centri di
accoglienza. Nel 1209 l’Ordine possedeva 30 case, che sarebbero diventate circa
600 nel 1250, quasi tutte in Francia o Spagna.
A Roma
Innocenzo III gli donò la chiesa abbaziale di San Tommaso in Formis, dove morì
il 17 dicembre del 1213.
La Regola
dei Trinitari prevedeva che un terzo degli introiti dell’Ordine, derivanti dalle
elemosine, fosse destinato al riscatto dei prigionieri, mentre il restante
venisse utilizzato per il sostentamento degli stessi Trinitari e per
l’assistenza ai riscattati, prontamente accolti negli ospedali dell’Ordine.
Il
portale di San Tommaso in Formis è certamente opera dei Cosmati, come testimonia
l’iscrizione della cornice: "MAGISTER IACOBUS CUM FILIO SUO COSMATO FECIT OHC
OPUS". Il mosaico, invece, fu aggiunto in un secondo tempo, intorno al 1210.
Solitamente viene attribuito agli stessi Cosmati, ma senza fondamento. Secondo
Guglielmo Matthiae, l’opera deriverebbe dai coevi trittici laziali di scuola
locale bizantineggiante. Anche lo sguardo ascetico del Cristo potrebbe riportare
alla tradizione bizantina
Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), nel corso
dell’Intervista possibile di "Questa è Roma", il programma ideato e
condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia Ventimiglia il sabato dalle
10 alle 11.