Reminescenze razionaliste incontrano l’espressionismo strutturalista
Il cinematografo Alcyone fu un gioiello di Morandi
di Antonio Venditti

Agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso il tema architettonico della sala cinematografica costituiva ancora a Roma un grande impegno espressivo e tecnologico, come ha dimostrato la realizzazione del cinema Airone (dismesso), costruito negli anni 1953-56, su progetto di Adalberto Libera. Esemplificativo del periodo è stato anche il cinema Alcyone (ora Lux) di Riccardo Morandi e Giovanni Gandolfi, in via Lago di Lesina, edificato tra il 1947 e il 1949. Riccardo Morandi (1902-1989), ingegnere, è ricordato soprattutto per la sua attività di progettista strutturista. Legata al filone del Razionalismo costruttivo nato con l’ingegneria ottocentesca, la sua figura di progettista rappresenta una concreta esemplificazione metodologica di quella ricerca di integrazione tra funzione, costruzione e immagine. I primi frutti di questa preparazione si ebbero nel 1934 nella Chiesa di Santa Barbara a Colleferro: inizio di una personale ricerca strutturale e formale. La grande occasione di Morandi però venne dopo la fine della guerra. La ricostruzione nazionale lo vide infatti tra i più attivi realizzatori specialmente del tema del ponte, su cui aveva continuato a lavorare, che sviluppò gradualmente in forme nuove conquistando un indiscusso riconoscimento internazionale.

Fra il 1930 e il 1950 si può collocare il periodo di formazione della personalità progettuale di Morandi, attraverso un passaggio progressivo da edifici civili e industriali alle grandi strutture e ai ponti. In quel periodo sperimentò le potenzialità del cemento armato e della precompressione in strutture con diversa destinazione: dalle abitazioni alle sale di spettacolo, dalle autorimesse agli hangar, dai ponti ai viadotti.

In questo panorama il cinema Alcyone rappresentava il punto di convergenza tra le reminiscenze razionaliste e l’espressionismo strutturalista.

Anche prima della seconda guerra mondiale Morandi si era dedicato alla progettazione a Roma di sale cinematografiche come l’Augustus e il Giulio Cesare, tema particolarmente prestigioso in quegli anni come attestano, fra le altre, le realizzazioni coeve di Marcello Piacentini (Quirinetta e Barberini) e di Arnaldo Foschini e Attilio Spaccarelli (Supercinema).

La grande vetrata che caratterizzava il prospetto dell’Alcyone su via Massaciuccoli era il punto attraverso il quale la struttura si mostrava nello spazio urbano circostante e di notte contribuiva a trasformare l’edificio in un vero e proprio faro sul quartiere, grazie a un’accorta illuminazione artificiale. Questo stesso elemento fu riproposto da Morandi nella realizzazione di un’altra sala romana, il Maestoso.

L’interno dell’Alcyone rappresentò un piccolo gioiello di creazione ingegneristica. La platea venne realizzata in contropendenza per permettere - considerata l’esiguità dell’altezza dell’edificio - di ricavare due gallerie. La scala di distribuzione, visibile dalla vetrata esterna, si mostrava poggiante su un unico pilastro e con l’utilizzo di cavi d’acciaio.

Nel piano seminterrato fu realizzata una sala da ballo: originaria sede del dancing Zanussi, ricordata in alcune sequenze del film Le dritte di Mario Amendola del 1958.

La sala era rimasta pressoché invariata fino agli ultimi lavori di ristrutturazione, fatta eccezione per la pensilina che fu, poco dopo l’apertura, ampliata per segnare il nuovo ingresso su via Massaciuccoli. Cinque alcioni in gesso, poi ridotti a tre, dello scultore Vittorio di Colbertaldo decoravano le pareti intorno alla rampa che portava dall’atrio alla prima galleria. Composizioni astratte erano visibili nel dancing..

Dopo un periodo di chiusura, nel 1998 l’edificio venne fortemente alterato nei prospetti e nell’interno per ricavarne una multisala con ben sette schermi. Ribattezzata con il nome di "Lux", la struttura cinematografica fornisce una riflessione sulla preferenza data a taluni modelli architettonici moderni per far colpo visivo sulla massa, naturalmente a dispetto della qualità architettonica. Oltre allo stravolgimento degli spazi interni, il fronte è stato nascosto da una superficie omogenea di lastre di colore scuro. Di conseguenza è andata perduta l’originale interpretazione architettonica del prospetto, impostata sulla trasparenza del corpo scala rispetto alla grande vetrata.

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