La
zona dell’attuale via XX Settembre era, agli inizi del Seicento,
quasi completamente disabitata e caratterizzata dalle maestose
rovine delle terme di Diocleziano che si stagliavano sul paesaggio
di sfondo. Qui i frati carmelitani scalzi possedevano una vigna con
un romitorio, dove volevano costruire una chiesa da dedicare a San
Paolo. I religiosi non avevano mezzi sufficienti per l’impresa, ma
non si diedero per vinti e decisero di iniziare la costruzione
dell’edificio confidando nell’aiuto della Divina Provvidenza, che in
effetti non tardò ad arrivare, in un modo del tutto inaspettato. I
lavori avevano preso il via nel 1608, secondo il progetto di Carlo
Maderno. Nel 1619, "nel piantarsi una spalliera" nell’orto del
convento, i frati rimasero di stucco nel veder emergere dalla terra
smossa il bianco di una statua marmorea, che si rivelò, una volta
tirata fuori, una splendida scultura di Ermafrodito dormiente, copia
romana di un capolavoro ellenistico realizzato dal bronzista Policle
nel II secolo a.C., conosciuto e lodato da Plinio. Il corpo ambiguo
e bellissimo dalle forme sinuose ed eleganti sembra girarsi nel
sonno per mostrare i suoi caratteri di entrambi i sessi.
"L’Ermafrodito – spiega Paolo Moreno in ‘Scultura Ellenistica’ –
esercita una lusinga con la sua torpida mossa, attrae con l’atto
inconsapevole: al variare della prospettiva indotto dagli
spostamenti cui siamo invitati, inverte la propria apparenza da
femminile a maschile, ingannando finanche sulla natura del sonno,
innocente o torbido a vicenda". Certo un soggetto imbarazzante per i
poveri frati, che decisero di donarlo al cardinale Scipione
Borghese, nipote del pontefice Paolo V e appassionato collezionista
d’arte, che si sdebitò elargendo una somma cospicua che permise il
completamento della chiesa, riconsacrata a Santa Maria della
Vittoria, in ringraziamento per il felice esito della battaglia
della Montagna Bianca (8 novembre 1620) presso Praga, in cui le
truppe cattoliche avevano sconfitto l’esercito del protestante
Federico di Sassonia. La chiesa avrebbe a lungo conservato il
quadretto con l’adorazione dei Magi portato a Roma dal carmelitano
Domenico di Gesù e Maria, al cui miracoloso potere si attribuiva la
vittoria nell’epico scontro. Distrutto da un incendio il 29 giugno
del 1833, è oggi sostituito da una copia.
Il cardinale Scipione fece portare la
statua dell’Ermafrodito nella villa fuori Porta Pinciana che si era
fatto costruire da Flaminio Ponzio e Giovanni Vasanzio per ospitare
la sua collezione d’arte antica e moderna. Ne affidò quindi il
restauro al suo scultore prediletto, Gian Lorenzo Bernini, che la
poggiò su un materasso marmoreo, elemento virtuosistico che
riproduce nella durezza del marmo la morbidezza del giaciglio.
L’artista aggiunse anche un soffice cuscino sotto il capo del
giovinetto e il piede sinistro, che risultava mancante. Per ultimo,
fece appoggiare il tutto su un letto di legno con lo stemma dei
Borghese, come si vede in un bronzetto oggi al Metropolitan Museum
di New York, che reca l’iscrizione "duplex cor uno in pectore /
saepe invenies / Cave insidias", ossia "troverai spesso due cuori
nello stesso petto: guardati dagli inganni".
L’opera, però, non era esposta
liberamente. Il cardinale Scipione aveva paura che quella creatura
dalla sessualità così ambigua potesse turbare i più sensibili tra i
suoi ospiti, perciò la teneva gelosamente custodita in un armadio di
legno che apriva molto di rado.
Sul finire del Settecento, il
Marchetti aveva eseguito gli ornati della volta della sala in cui
era conservata la statua, con inseriti cinque quadri di Nicola
Buonvicini, nei quali si narrava la struggente storia di
Ermafrodito, figlio di Hermes e di Afrodite, e della ninfa Salmace,
cantata anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi. La ninfa si era
innamorata del bellissimo Ermafrodito, senza esserne ricambiata.
Nella fontana sacra alla ninfa, vicino ad Alicarnasso, Salmacide si
avvinghiò così forte al corpo dell’amato che vi stava nuotando da
fondersi con lui, in modo da non poterne più essere divisa per
l’eternità, dando origine a un nuovo essere dalla doppia natura.
La scultura, però, non sarebbe a
lungo rimasta nella sua bella sala: nel 1807 seguì il destino di
gran parte della raccolta del cardinale Scipione, che Camillo
Borghese fu costretto a vendere al cognato Napoleone Bonaparte, di
cui aveva sposato la sorella Paolina. Oggi costituisce uno dei pezzi
più apprezzati della collezione d’arte antica del Museo del Louvre a
Parigi. I visitatori di Villa Borghese, però, al suo posto possono
ammirare un Ermafrodito simile in marmo pario, forse proveniente
anch’essa dall’area di Santa Maria della Vittoria. Secondo un antico
inventario, sappiamo che nel 1762 si trovava nelle cantine della
palazzina in cui oggi è il Museo. Da qui fu portato nel Palazzo di
piazza Fontanella Borghese, dove il Winckelmann lo vide nel 1764. Il
giovane era sdraiato, come testimonia nel 1796 il Lamberti, su "una
pelle di leone distesa sul nudo suolo".
Quando venne ricostituita la raccolta
Borghese, questo nuovo Ermafrodito tornò alla Villa Pinciana.
Intanto, prima del 1812, Andrea Bergondi aveva sostituito la pelle
leonina con un materasso, ispirandosi a quello eseguito dal Bernini.