Per le feste di fine anno un suo ramoscello è un dono beneaugurante
Dall’antichità a oggi, la storia dell’agrifoglio
di Cinzia Dal Maso e Antonio Venditti

Tra i simboli delle feste di fine anno, l’agrifoglio è uno dei più amati. Si tratta di un arbusto che arriva fino a dieci metri, di struttura piramidale, con liscia corteccia grigia e fogliame verde e lucente, con varietà variegate di crema, bianco o giallo e drupe globose di colore rosso vivo a maturazione, contenenti dai due ai quattro semi. Se ne usa regalare un ramoscello, in alternativa al vischio o al pungitopo, per ornare le case e per augurare fortuna e prosperità. Un’usanza che affonda le sue radici assai lontano nel tempo. I Druidi ne ammiravano le lucide foglie e le rosse bacche e se ne mettevano ramoscelli tra i capelli per assistere ai loro riti sacrificali. Inoltre, credevano che avesse il potere di proteggere dai rigori dell'inverno e che un grosso ramo di agrifoglio tirato contro una belva in procinto di assalire un uomo riuscisse ad ammansirla. Tra le sue doti, ci sarebbe stata anche quella di rendere docili i cani rabbiosi.

Gli antichi romani ne portavano ramoscelli come talismani durante i Saturnali, nei giorni precedenti il solstizio invernale, e per tenere lontano i malefici ne piantavano un arbusto vicino casa. Ne facevano anche un dono beneaugurante ai novelli sposi. Con l’avvento del cristianesimo, l’uso dell’agrifoglio si mantenne, pur arricchendosi di nuovi significati: la struttura della foglia, ad esempio, fu assimilata alla corona di spine di Cristo e le bacche rosse al suo sangue.

Si diffuse una delicata leggenda, secondo la quale un orfanello che viveva con i pastori andò con loro a visitare la grotta di Betlemme. Durante il cammino, intrecciò una corona di foglie da donare al Bambinello, ma quando la pose ai suoi piedi si vergognò di quel povero dono e scoppiò in pianto. Gesù allora, toccando la corona, fece diventare le foglie di un verde intenso e brillante e tramutò le lacrime dell’orfanello in rosse bacche.

Nell’Europa centrale e settentrionale se ne appendevano alcuni rami nelle stalle per allontanare i malefici e favorire la fecondità degli animali. In Belgio, nel costruire un carro, si usava inserire nelle ruote un raggio in legno d’agrifoglio.

In Inghilterra se ne mettono dei ramoscelli sul letto delle ragazze la vigilia di Natale per allontanare gli spiriti maligni, mentre in Germania si porta in casa un ramoscello d’agrifoglio delle decorazioni delle chiese come amuleto contro i lampi e i tuoni

Si crede anche i rametti di agrifoglio posti sulla testata del letto rendano tranquillo il sonno e proteggano dalla tosse.

Persino nelle lontane Americhe del tempo di Cristoforo Colombo gli indigeni si fregiavano di rametti di agrifoglio in battaglia come distintivi di coraggio e ne piantavano alberelli davanti casa per allontanare gli spiriti maligni. Usavano anche bere decotti delle sue foglie per acquistare forza.

Ma l’agrifoglio ha anche un’altra caratteristica, che contribuì a rendere famosa Allumiere, nel Lazio. La città deve il nome e la fortuna ai giacimenti di alunite, minerale da cui si estrae l’allume, ancor oggi assai utile, ma un tempo veramente prezioso per l’industria tessile - come fissatore dei colori e per la lavorazione della lana - per conciare le pelli e in medicina, come emostatico.

L’importante risorsa fu scoperta intorno al 1460 da Giovanni Di Castro, infaticabile viaggiatore e commissario dello Stato Pontificio. Passeggiando nella zona, si era accorto che vi cresceva una fitta vegetazione di agrifogli. Incuriosito, si spinse sui monti circostanti, in luoghi impervi e disabitati, trovandovi intere macchie di queste piante. Giovanni si ricordò di un’osservazione fatta durante un suo soggiorno in Turchia: l’agrifoglio cresce più abbondante e rigoglioso dove, nel sottosuolo, si trova l’alunite. Alcuni saggi di scavo ne rivelarono la presenza, confermando la sua geniale intuizione. Nel 1462 Di Castro ottenne la concessione per estrarre l’alunite, con grande beneficio per l’industria tessile italiana, non più costretta a pagare cifre esorbitanti per importarla dalla Turchia. Purtroppo, le trincee scavate a cielo aperto per circa tre secoli, alla ricerca del minerale, hanno alterato un ambiente naturale per altri versi veramente suggestivo.

Dell’argomento si parlerà a Nuova Spazio Radio (88.100 MHz), nel corso dell’Intervista possibile di "Questa è Roma", il programma ideato e condotto da Maria Pia Partisani, in studio con Livia Ventimiglia il sabato dalle 10 alle 11.

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