La palla nell’antica Roma: non solo un gioco da ragazzi
Non esisteva un campionato con squadre organizzate e tifosi di opposte fazioni, ma anche nell’antica Roma il gioco del pallone era uno dei passatempi più diffusi. Ne abbiamo viva testimonianza dalle fonti scritte, dalle pitture, dai mosaici e da esemplari scultorei. A Piazza Armerina, su uno dei tappeti musivi della celeberrima villa siciliana di Massimiliano Erculeo (IV sec. d.C.), due ragazze in bikini sono raffigurate mentre si dilettano nel rilanciarsi una piccola palla colorata. A Roma, in un affresco rinvenuto all’interno di una tomba della necropoli della Via Portuense (metà del II sec. d.C.), un gruppo di giovani è immortalato durante una spensierata partita di palla a mano. Tanti erano i tipi di pallone, quanti i diversi giochi in cui poteva essere utilizzato e più che a calci veniva lanciato con la forza delle braccia. Avvocati, letterati, banchieri e politici, dopo una dura giornata di lavoro nel Foro, si rilassavano giocando nel Campo Marzio alla "pila trigonalis": l’obiettivo era cogliere di sorpresa l’avversario, rilanciando in velocità e nella direzione maggiormente difficile per afferrarla una palla resa dura da una pesante imbottitura di stoffa. I Romani avevano imparato dai Greci a giocare all’ "harpastum", una sorta di rugby in cui vinceva chi, conquistato il pallone e contrastati i giocatori della fazione opposta, riusciva a portarlo con sé sino alla meta, posta nel campo avversario. Tanto era il fracasso generato dalle urla dei partecipanti e lo strepitio di coloro che erano accorsi a guardare la partita, che ben presto il nome del gioco, per il gran polverone generato, venne cambiato in "pulverulentus". Non a caso ad ospitare gli incontri erano dei grandi spazi in cui la terra, non battuta, si sollevava sotto i piedi veloci dei corridori. Una "telecronaca" dall’antichità di uno scontro particolarmente vivace ci viene dalle parole del poeta Antifane: "Prese la palla ridendo e la scagliò ad uno dei suoi compagni. Riuscì a schivare uno dei suoi avversari e gettò a terra un altro. Rialzò in piedi uno dei suoi amici, mentre da tutte le parti echeggiavano altissime grida: "E’ fuori gioco!", "E’ troppo lunga!", "E’ troppo bassa!", "Passala indietro nella mischia!" Il gioco della "pila", o della palla semplice, era sicuramente più rilassante e adatto a chi non intendeva stancarsi troppo. Riempita con delle piume e dunque leggera era la "pila paganica" con cui si dilettavano, magari a tempo di musica, soprattutto i vecchi e i bambini. Non è da escludere che a questa tipologia appartenesse la palla con cui giocano le graziose fanciulle rappresentate nel mosaico di Piazza Armerina. Pare che sia stato Attico Napoletano, l’allenatore di Pompeo Magno, ad aver inventato per lui il "folliculus", un pallone pieno d’aria capace di rimbalzare a terra e contro un muro. E chissà, forse sarà stato proprio lui a segnare nell’Urbe il primo goal. |
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