Sorse nel 1909 per iniziativa di un impresario napoletano

Il teatro-varietà Jovinelli regno dell’avanspettacolo

Calcarono le tavole del palcoscenico Raffaele Viviani, Ettore Petrolini, Armando Gill, Totò, i fratelli De Rege e Maggio

Antonio Venditti

"Piazza Guglielmo Pepe – scriveva Ettore Petrolini in “Modestia a parte” - era, in quell'epoca (inizi del secolo), un enorme piazzale consacrato alle baracche dei ciarlatani; ed era il ricettacolo dei vagabondi e dei poveri guitti. C'era di tutto, perfino qualcosa di interessante, se non di buono. Era un'accozzaglia di passatempi per tutti i gusti, uno più sollazzevole dell'altro, non escluso quello dell'alleggerimento simultaneo del portafogli e dell'orologio.

La grande piazza ospitava ogni sorta di baracconi, dal tiro al bersaglio al museo anatomico, dal carosello al teatro dei galli che cantavano e ballavano prodigiosamente sopra una lastra di bandone. E, sotto la lastra di bandone, c'era nient'altro che un braciere. E potevate inoltre trovare: la donna barbuta; il teatro Mercipinetti con il mistero di Abbragadabbra; il teatro meccanico con la nevicata; il museo anatomico (di cose inutili e disgustose a vedersi) premiato con diplomi e medaglie d'oro in tutte le accademie delle scienze del mondo. Il proprietario, Savarino, diceva con accento straniero:"Cento e più figure di cera naturale, spettacolo scientifico interessante e di alta coltura!.

La piazza era arida e polverosa: sassi per tera come ovi di struzzo. Si poi pioveva, co li piedi te n'annavi in barchetta e li schizzi de fanga t'arivaveno ar barbozzo”.

In mezzo alla piazza c'era un capannone di legno costruito da un immigrato meridionale, don Peppe Jovinelli: si chiamava Teatro Umberto in cui una compagnia di attori recitava, con successo e a puntate, le riduzioni teatrali di romanzi d'appendice. Jovinelli, arricchitosi, decise di fare le cose in grande: buttò giù il capannone e sulle fondamenta costruì un vero teatro, cui diede il suo nome.

Il Teatro Jovinelli, nuovo regno del varietà, fu inaugurato la sera del 19 marzo del 1909 con uno spettacolo del giovane Raffaele Viviani, che per quaranta lire scrisse una macchietta in romanesco, “Ar tribbunale”.

Alla fine dello stesso anno il Teatro si presentava come una magnifica costruzione in stile liberty con stucchi e mascheroni sulla facciata e all’interno con colonnine in ghisa, dove i ricchi arrivavano con le carrozze chiuse per non farsi riconoscere.

Un vero affare Peppe Jovinelli lo fece l'anno dopo con la scrittura esclusiva di tre anni di Ettore Petrolini. Infatti, all'inizio del 1912, prima della scadenza del contratto, due impresari romani, Cataldi e Cavaniglia, vollero Petrolini per l'inaugurazione della Sala Umberto in via della Mercede: pagarono una penale da capogiro, 8000 lire.

Tra il 1932 e il ’33 iniziò a prendere piede l’avanspettacolo che si avvaleva di compagnie dall’organico ridotto con due spettacoli al giorno. I copioni erano spesso improvvisati, le battute pesanti dai doppi sensi, i costumi da poco prezzo. Precedevano film di terza visione.

Fino alla seconda guerra mondiale, lo Jovinelli fu la casa della comicità popolare dove tutti andavano per conoscere i nuovi talenti come Armando Gill, Gustavo De Marco, Pasquariello, Bambi, Brugnoletto, Cacini e Totò, che allo Jovinelli fece il suo debutto romano. Il Teatro puntava al successo, non necessariamente a quello di classe, perché altre erano a Roma le sale alla moda: l'Adriano in piazza Cavour, il Principe in via Cola di Rienzo.

Nel 1934, per far fronte alle necessità ricettive dell’avanspettacolo, che in quegli anni viveva il suo periodo d’oro, il proprietario smantellò i palchi nella prima galleria per far posto a nor­mali poltrone.

Dopo la guerra, lo Jovinelli fu costretto a prediligere l'avanspettacolo: tre recite di un'ora, prima di altrettante proiezioni. Ai vecchi comici popolari si affiancavano le ballerine che iniziarono a indossare abiti sempre più succinti: era cominciata la sua decadenza.

Negli anni Cinquanta il Teatro diventò un cinema e prese il nome di Ambra Jovinelli, forse in omaggio a una ballerina amata da Graziano, il figlio di don Peppe, gestore della sala, più probabilmente perché la "A" iniziale garantiva il posto in cima all’elenco delle sale cinematografiche nei tamburini dei giornali.

In quegli anni, per rispondere a nuove esigenze di capienza, fu demolita la seconda galleria, ricostruita ed ampliata con una struttura in cemento armato, venne abbassato il livello della prima galleria e modificate le proporzioni interne alla sala; fu sostanzial­mente stravolta la configurazione del foyer d’in­gresso, gli stucchi e le lesene della facciata furono coperte da una grande lastra di travertino, il mascherone liberty fu nascosto da una pensilina all’americana e un rivestimento del basamento in lastre di travertino venne posto sulla facciata di via Giolitti.

Il Teatro si avviava inesorabilmente al declino nonostante gli sforzi di Franco e Ciccio, Alberto Sorrentino, Aldo Tarantino e dei fratelli Maggio.

Si cercò di riavviarlo negli anni ‘70 con spettacoli di strip-tease e film a luci rosse, alternandoli alle  cerimonie del peso dei pugili prima dei grandi incontri. Il colpo finale fu dato da un incendio.

Della struttura originaria restano, quasi integre, soltan­to la facciata su via Guglielmo Pepe e quella su via Giolitti, le colonne di ghisa erette a sostegno delle gallerie nella sala interna e alcuni palchi di boccascena.

Nel 1990 le società Calendula e Geim del Grup­po Cogeim acquistarono il Teatro dagli eredi di Peppe Jovinelli. Otto anni dopo fu affidato all’architetto Petruc­cioli l’incarico della ristrutturazione ed adegua­mento del complesso teatrale.

Il 5 febbraio 1999 fu sottoscritto l’accordo di programma tra il Comune di Roma e la Regione Lazio che definì il Teatro di “straordinario inte­resse pubblico”, autorizzandone il recupero.

I lavori si sono sviluppati in un arco di tempo molto contenuto: nell'agosto del 1999 erano in corso di realizzazione le fondazioni e il 25 gennaio 2001veniva inaugurato il Teatro. Venne effettuato il consolidamen­to delle facciate con un intervento globale di risanamento e con la ricostituzione dello spazio e dell’ambientazione interna, anche attraverso la riutilizzazione, ove possibile, degli elementi di arredo. Furono sottoposti a un accurato restauro i pilastrini in ghisa.

A margine dell'intervento principale, che ha interessato il Teatro ed il Laboratorio teatrale, sono stati realizzati spazi commerciali per circa 1.500 mq.

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